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Banca d’Italia & INPS : Lo studio sul mercato del lavoro ai tempi del Covid19


direzione centrale inps
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L’Inps e la Banca d’Italia hanno pubblicato uno studio sull’impiego della cassa integrazione Covid19 nei mesi di marzo e aprile 2020, frutto della collaborazione delle due istituzioni.

Nello studio, si usa l’espressione cassa integrazione intendendo far riferimento a tutte le forme di ammortizzatori sociali legati all’emergenza epidemiologica: trattamento ordinario, assegno ordinario dei fondi solidarietà, cassa integrazione in deroga.

Con il termine impresa, nell’ambito dello studio, si fa riferimento alla matricola contributiva dei datori di lavoro ai quali sono associati episodi di integrazione salariale.

Lo stesso studio sintetizza nei seguenti termini i risultati messi in luce dall’indagine condotta:

1)nei mesi di marzo e aprile il 51 per cento delle imprese ha usufruito della CIG-Covid per quasi il 40 per cento dei dipendenti del settore privato;

2)tra le imprese più piccole, che hanno utilizzato prevalentemente la CIG-Covid in deroga, l’importo medio risparmiato grazie alla riduzione dell’orario di lavoro è stato pari a 3.900 euro nel bimestre; le imprese più grandi del settore dei servizi, che hanno fruito dell’assegno ordinario Covid hanno risparmiato in media quasi 24.000 euro; le imprese della manifattura, che ricorrono prevalentemente alla CIG ordinaria Covid circa 21.000 euro. Ogni impresa in CIG-Covid ha risparmiato circa 1.100 euro per ogni dipendente presente in azienda (a prescindere dall’incidenza dei lavoratori in CIG);

3)In media ogni individuo in CIG-Covid ha subito una riduzione oraria di 156 ore, il 90 per cento dell’orario mensile di lavoro a tempo pieno (pari a 173 ore in marzo e aprile). Secondo nostre stime basate sulle informazioni attualmente disponibili, in media ogni lavoratore ha perso il 27,3 per cento del proprio reddito lordo mensile. il termine impresa ci si riferisce alla matricola contributiva dei datori di lavoro ai quali sono associati episodi di integrazione salariale;

4)l’utilizzo della CIG-Covid è più elevato nei settori con una dinamica più sfavorevole dell’attività in seguito allo scoppio della pandemia; nella manifattura l’uso dell’ammortizzatore è fortemente correlato con i cambiamenti nella dinamica della produzione industriale indotti dalla crisi. I settori con alta incidenza di attività definite “non essenziali”, cioè sottoposte a lockdown in marzo e aprile, hanno fatto un ricorso più generalizzato alla CIG-Covid e meno correlato ai cambiamenti dell’evoluzione ciclica determinati dalla crisi. Anche in settori in cui i livelli produttivi o il fatturato non sono diminuiti rispetto al periodo precedente la pandemia, l’utilizzo della CIG-Covid ha coinvolto una quota significativa di imprese (circa il 20 per cento nella manifattura e il 30 per cento nei servizi);

5)la quota di imprese che hanno fatto ricorso alla CIG-Covid è pari al 45 per cento nel Nord Est, al 48 nel Nord Ovest, al 52 nel Centro e al 55 per cento nel Mezzogiorno. Buona parte delle differenze tra macroaree è spiegata da eterogeneità nelle caratteristiche delle imprese, in modo particolare il settore di attività, relativamente più sbilanciato nel Mezzogiorno a favore dei settori dell’alloggio e della ristorazione, delle costruzioni e del commercio al dettaglio non alimentare, che maggiormente hanno subito le conseguenze della crisi.

Fonte: Banca d' Italia