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Cassazione: nel pubblico impiego impossibile la deroga, anche migliorativa, al contratto collettivo


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Con l’ordinanza n. 11645 del 04.05.2021, la Cassazione afferma che il datore di lavoro pubblico è tenuto a ripetere le somme in eccesso concesse al dipendente in violazione della contrattazione collettiva, non essendo possibile alcuna deroga - anche se in senso più favorevole al lavoratore - al CCNL.

Il fatto affrontato

Il dipendente comunale impugna giudizialmente la delibera con cui l’Ente – a seguito di un’ispezione della Guardia di Finanza – aveva annullato le precedenti determinazioni relative alla quantificazione dei trattamenti economici spettanti ai dirigenti a titolo di retribuzione di posizione e di risultato, in quanto erogati in violazione delle previsioni della contrattazione collettiva di comparto.
La Corte d’Appello respinge la predetta domanda, sul presupposto che dette somme erano state corrisposte senza l’istituzione di un apposito Fondo e senza le preventive procedure di valutazione dei dirigenti, strumenti questi rispondenti a fondamentali esigenze di controllo della spesa, di tenuta finanziaria degli Enti e di equità retributiva fra lavoratori.

L’ordinanza

La Cassazione - nel confermare la statuizione della Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che nell'impiego pubblico contrattualizzato deve essere escluso il potere unilaterale del datore di lavoro di discostarsi, nella disciplina del singolo rapporto di impiego, dall'assetto definito in sede di contrattazione collettiva.

Per la sentenza, ne consegue che la deroga, anche migliorativa, alle disposizioni del contratto collettivo è affetta da nullità, sia quale atto negoziale, per violazione di norma imperativa, sia quale atto amministrativo, per difetto assoluto di attribuzione ai sensi dell’art. 21-septies della L. 241/1990.

Secondo i Giudici di legittimità, pertanto, l'adozione da parte della P.A. di un atto negoziale di diritto privato di gestione del rapporto, con il quale venga attribuito al lavoratore un determinato trattamento economico, non è sufficiente, di per sé, a costituire una posizione giuridica soggettiva in capo al dipendente.
La misura economica, infatti, deve trovare necessario fondamento nella contrattazione collettiva, con la conseguenza che il diritto si stabilizza in capo al dipendente solo qualora l'atto sia conforme alla volontà delle parti collettive.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dal lavoratore e conferma la condanna del medesimo alla ripetizione di quanto indebitamente percepito.

A cura di Fieldfisher