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Cassazione: legittimo il trasferimento all’estero del dipendente reintegrato se sussistono valide ragioni tecniche, produttive ed organizzative


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Con la sentenza n. 9224 del 13.04.2018, la Cassazione afferma che il datore di lavoro può legittimamente adibire il dipendente licenziato, che abbia ottenuto un provvedimento di reintegra, a nuove mansioni e presso nuove sedi, site anche fuori dall’Italia, laddove sussistano sufficienti ragioni tecniche, produttive ed organizzative.

Il fatto affrontato

Due prestatori, a seguito della sentenza del Tribunale che, accertata l’illegittimità di un pregresso licenziamento collettivo, aveva condannato l’azienda a reintegrarli nel loro posto di lavoro, vengono assegnati presso un cantiere in Algeria.
I medesimi, non essendosi presentati in servizio, sul presupposto che il datore avesse mancato di dar loro il preavviso previsto contrattualmente in caso di trasferimento e di comunicare il provvedimento ai sindacati, vengono licenziati per giusta causa.

La sentenza

La Cassazione, confermando quanto stabilito dalla Corte di Appello, ha, preliminarmente, affermato la legittimità della condotta datoriale in ordine all’assegnazione dei dipendenti reintegrati ad una sede diversa rispetto a quella precedente, anche nell’ipotesi in cui sia sita all’estero.
Il datore, in questo caso, ben può, infatti, trasferire i propri dipendenti, a condizione, ovviamente, che tale scelta non sia pretestuosa, ma basata su comprovate ragioni tecniche, produttive ed organizzative.

Conseguentemente, a giudizio della Corte, la mancata ottemperanza dei lavoratori all’invito a riprendere servizio nei termini di legge legittima il datore ad irrogare un licenziamento per giusta causa.

Il suddetto principio, secondo i Giudici di legittimità, vale anche nell’ipotesi in cui la sede di assegnazione sia sita fuori dall’Italia.
Infatti, nonostante ciò crei delle difficoltà logistiche importanti (necessità di passaporto e visto d’ingresso per ragioni di lavoro e di iscrizione nelle liste speciali tenute dal Ministero, ecc.), il dipendente non può limitarsi a muovere delle obiezioni alla decisione datoriale, dovendo, comunque, mettere tempestivamente a disposizione del datore la propria prestazione presso la sede aziendale.

Su tali presupposti, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dai lavoratori, confermando la legittimità del provvedimento espulsivo.

A cura di Fieldfisher