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Cassazione: lavoratore non può rifiutarsi di rendere la prestazione solo sulla scorta dell’illegittimità del trasferimento


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Con la sentenza n. 11408 del 11.05.2018, la Cassazione afferma che, in tema di provvedimento di trasferimento adottato in violazione dell'art. 2103 c.c., l'inadempimento datoriale non legittima in via automatica il rifiuto del lavoratore ad eseguire la prestazione in quanto, vertendosi in ipotesi di contratto a prestazioni corrispettive, trova applicazione il disposto dell'art. 1460, comma 2, c.c. alla stregua del quale la parte adempiente può rifiutarsi di eseguire la prestazione a proprio carico solo ove tale rifiuto, avuto riguardo alle circostanze concrete, non risulti contrario alla buona fede.

Il fatto affrontato

La lavoratrice, oggetto di trasferimento dalla sede societaria di Roma a quella di Torino, contestata la legittimità del provvedimento datoriale, decide di non presentarsi in servizio presso la sede di nuova adibizione, tanto da indurre l’azienda a licenziarla.

La sentenza

La Cassazione, preliminarmente, osserva che la questione del rifiuto del dipendente di adempiere al provvedimento datoriale di trasferimento ad altra sede, in quanto ritenuto illegittimo, si inquadra nel più generale tema degli effetti dell'inadempimento di una delle parti del contratto a prestazioni corrispettive nell'alveo del quale è riconducibile, ai sensi dell'art. 2094 c.c., il contratto di lavoro.

Secondo i Giudici di legittimità, pertanto, il trasferimento contra legem ad altra sede lavorativa disposto, cioè, dal datore di lavoro in assenza di comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, non giustifica in via automatica il rifiuto del dipendente all'osservanza del provvedimento e quindi la sospensione della prestazione lavorativa.

L'inottemperanza del lavoratore al provvedimento di trasferimento illegittimo deve, infatti, essere valutata, sotto il profilo sanzionatorio, alla luce del disposto dell'art. 1460, comma 2, c.c. secondo il quale, nei contratti a prestazioni corrispettive, la parte non inadempiente non può rifiutare l'esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede.

La relativa verifica, si legge nella sentenza, deve essere condotta sulla base delle concrete circostanze che connotano la specifica fattispecie, nell'ambito delle quali si deve tener conto della entità dell'inadempimento datoriale in relazione al complessivo assetto di interessi regolato dal contratto, della concreta incidenza del detto inadempimento su fondamentali esigenze di vita del lavoratore, della puntuale esplicitazione delle ragioni poste alla base del provvedimento di trasferimento e della incidenza del comportamento del lavoratore sulla organizzazione aziendale.
I suddetti elementi, conclude la Suprema Corte, devono essere considerati dal giudice di merito nell'ottica del bilanciamento degli opposti interessi in gioco, anche alla luce dei parametri costituzionali di cui agli artt. 35, 36 e 41 Cost.

A cura di Fieldfisher