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Cassazione: illegittimo il trasferimento del dipendente a seguito della nullità del trasferimento d’azienda


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Con l’ordinanza n. 13655 del 18.05.2023, la Cassazione afferma che il datore di lavoro non può trasferire il dipendente riammesso in servizio a seguito della declaratoria di nullità del trasferimento del ramo d’azienda, a meno che non sussistano le ragioni richieste dall’art. 2103 c.c.

Il fatto affrontato

Il lavoratore ricorre giudizialmente al fine di sentir dichiarare l’illegittimità del trasferimento disposto dal datore a seguito della sua riammissione in servizio conseguente alla dichiarata nullità del trasferimento del ramo d’azienda cui era adibito.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, sul presupposto che il provvedimento adottato dalla società doveva essere soggetto alle regole di cui all'art. 2103 c.c., stante la continuità giuridica del rapporto di lavoro.

L’ordinanza

La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva che l'ottemperanza del datore di lavoro all'ordine giudiziale di riammissione in servizio, a seguito di declaratoria di nullità del trasferimento d’azienda, implica il ripristino della posizione di lavoro del dipendente.

Secondo i Giudici di legittimità, ciò significa che il reinserimento nell'attività lavorativa deve avvenire nel luogo precedente e nelle mansioni originarie, senza che il datore possa liberamente disporre il trasferimento del dipendente ad una diversa sede aziendale.

Per la sentenza, una eccezione a tale principio generale è rappresentata dall’ipotesi in cui il mutamento della sede sia giustificato, ai sensi dell’art. 2103 c.c., da sufficienti ragioni tecniche, organizzative e produttive.

Non rinvenendo quest’ultima circostanza nel caso di specie, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla società.

A cura di Fieldfisher