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Cassazione: solo l’azienda cessionaria può essere condannata per demansionamento


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Con l’ordinanza n. 13787 del 20.05.2021, la Cassazione afferma che, anche nell’ipotesi di trasferimento d’azienda dichiarato illegittimo, può essere condannata per violazione dell’art. 2103 c.c. solo la società cessionaria, che ha in concreto utilizzato la prestazione del lavoratore.

Il fatto affrontato

Il lavoratore ricorre giudizialmente al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti per demansionamento a far data dal 2002, chiedendo la condanna in solido della sua originaria datrice e dell’azienda che, nel marzo 2004, aveva acquistato il ramo d’azienda cui era adibito.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, riconoscendo la responsabilità solidale delle due società a fronte della declaratoria di illegittimità dal trasferimento d’azienda.

L’ordinanza

La Cassazione - nel ribaltare la statuizione della Corte d’Appello - afferma che, in caso di invalidità del trasferimento di azienda accertata giudizialmente, il rapporto di lavoro permane con il cedente e se ne instaura, in via di fatto, uno nuovo e diverso con il cessionario, alle cui dipendenze il lavoratore abbia materialmente continuato a lavorare.

Per l’ordinanza, da tale nuovo rapporto derivano effetti giuridici e, in particolare, la nascita degli obblighi gravanti su qualsiasi datore che utilizzi la prestazione lavorativa nell'ambito della propria organizzazione imprenditoriale.

Secondo i Giudici di legittimità, ne consegue che, per ciò che concerne il periodo successivo alla cessione del ramo d’azienda, la responsabilità per violazione dell'art. 2103 c.c. deve essere imputata solo al cessionario e non anche al cedente.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dalla cedente, dichiarandola scevra da responsabilità per il periodo in cui il lavoratore aveva prestato attività alle dipendenze della cedente.

A cura di Fieldfisher