Stampa

Cassazione: quali emolumenti deve mantenere il lavoratore in caso di trasferimento d’azienda?


icona

Con l’ordinanza n. 8968 del 31.03.2021, la Cassazione afferma che le disposizioni normative e contrattuali in materia di trasferimento d’azienda garantiscono che il trattamento economico e normativo acquisito dal lavoratore resti immutato, ma non prevedono che all’interno di detto trattamento debbano rientrare tutti quegli emolumenti riconosciuti dal cedente in ragione di particolari obiettivi.

Il fatto affrontato

I lavoratori ricorrono giudizialmente nei confronti del Ministero datore, per ottenere il riconoscimento, a fini giuridici ed economici, dell'intera anzianità di servizio maturata presso gli Enti locali di provenienza.
La Corte d’Appello respinge la predetta domanda, sul presupposto che non era possibile ottenere il miglioramento retributivo derivante dalla combinazione della pregressa anzianità raggiunta presso l'Ente di provenienza ed il diverso sistema contrattuale in tema di progressione retributiva applicato dall'Ente di destinazione.

L’ordinanza

La Cassazione - nel confermare la statuizione della Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che un peggioramento sostanziale, impedito dalla tutela che la Direttiva 77/187 CE riconosce ai lavoratori coinvolti nel trasferimento d'impresa, è ravvisabile solo qualora, all'esito della comparazione globale, emerga una diminuzione certa del compenso che sarebbe stato corrisposto qualora il rapporto fosse proseguito con il cedente nelle medesime condizioni lavorative.

Per la sentenza, non possono, pertanto, essere apprezzati a tal fine gli importi, che se pure occasionalmente versati prima del passaggio, non costituivano il normale corrispettivo della prestazione, perché - in quanto legati a variabili inerenti alle modalità qualitative e quantitative di quest'ultima - non erano entrati nel patrimonio del lavoratore.

Secondo i Giudici di legittimità, tra queste ultime voci retributive devono essere inclusi anche i premi ed i compensi incentivanti previsti per il personale del comparto regioni ed enti locali, che non possono avere rilevanza ai fini del c.d. maturato economico, trattandosi di elementi del trattamento accessorio correlate ad effettivi incrementi di produttività e di miglioramento dei servizi, ossia di emolumenti non certi nell'an e nel quantum.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso dei pubblici dipendenti, confermando la non debenza, da parte del Ministero (nuovo) datore di lavoro, degli emolumenti riconosciuti a titolo di salario accessorio dagli Enti locali di provenienza.

A cura di Fieldfisher