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Corte di Giustizia Tributaria: la riqualificazione del rapporto ad opera del fisco presuppone la prova della subordinazione


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Con la sentenza n. 391 del 07.11.2022, la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Ravenna afferma che laddove l’Agenzia delle Entrate intenda riqualificare un rapporto di agenzia in rapporto di lavoro subordinato, deve fornire la prova della sussistenza degli elementi richiesti dall’art. 2094 c.c.

Il fatto affrontato

L’Agente di Commercio impugna giudizialmente l'avviso di accertamento notificatogli dall’Agenzia delle Entrate per richiedere una maggiore quota di IRPEF, addizionali ed Iva in merito all’anno 2015, a fronte della riqualificazione dei compensi da reddito di impresa (derivante da contratto di agenzia sottoscritto con una società) a reddito da lavoro dipendente.

La sentenza

La Corte di Giustizia Tributaria rileva preliminarmente che, ai fini della riqualificazione del rapporto di lavoro degli agenti, risulta decisiva l’analisi delle modalità concrete con cui la stessa prestazione viene eseguita.

Per i Giudici, in particolare, per poter affermare l'esistenza della subordinazione è necessaria la dimostrazione degli elementi costitutivi della fattispecie descritta dall'art. 2094 c.c., la quale richiede la prova dell'assoggettamento del prestatore al potere direttivo, al potere di controllo ed al potere disciplinare.

Secondo la sentenza, nel caso di specie, tali indici non sono rinvenibili, posto che non vi è prova della presenza di direttive puntuali, di obbligo di presenza, di esclusiva, di sanzioni disciplinari, di controlli e di rispetto di un orario fisso.

Su tali presupposti, la Corte accoglie il ricorso dell’Agente di Commercio e annulla l’avviso di accertamento impugnato.

A cura di Fieldfisher