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Cassazione: la disciplina dei contratti a termine ha natura di ordine pubblico internazionale


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Con l’ordinanza n. 22932 del 13.09.2019, la Cassazione afferma che il principio di favore nei confronti del prestatore di lavoro costituisce un limite di ordine pubblico internazionale, che impedisce l'introduzione nel nostro ordinamento di una legge straniera - anche se richiamata nel contratto - contenente una disciplina meno favorevole di quella dettata dalla normativa italiana (sul medesimo tema si veda: Cassazione: quando sussiste la giurisdizione del giudice italiano nelle cause di lavoro con enti esteri?).

Il fatto affrontato

Il lavoratore, dipendente di un istituto linguistico straniero con sede in Italia, ricorre giudizialmente al fine di sentir dichiarare la nullità dei termini apposti ai contratti di lavoro succedutisi a partire dal 1997, con conseguente conversione del rapporto di lavoro in uno a tempo determinato.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, affermando, in primis, la giurisdizione del giudice italiano - nonostante la deroga convenzionale in favore della legge inglese contenuta nei contratti - stante lo svolgimento della prestazione in Italia, dove il dipendente aveva anche il suo domicilio.

L’ordinanza

La Cassazione, confermando la statuizione della Corte d’Appello, afferma preliminarmente che, ai sensi dell'art. 16 della l. 218/1995, l'operatività di una legge straniera nell'ordinamento italiano è inibita se determina effetti contrari all'ordine pubblico, da intendere come l’insieme dei principi essenziali.
Il giudice deve, pertanto, valutare se la legge richiamata dal contratto si pone in contrasto con tali principi.

Per la sentenza, in materia di diritto del lavoro, la preferenza per il tempo indeterminato rientra tra i principi di ordine pubblico internazionale.
Sotto questo profilo, assume particolare rilevanza la normativa dell'Unione Europea, che ha sempre sostenuto - anche prima dell'adozione della Direttiva 1999/70/CE - la centralità dell'impiego stabile, seppure con la mediazione di un modello di flessibilità attenuata attraverso un controllo del ricorso al lavoro precario e con la previsione di limiti ben precisi per la sua utilizzabilità.

Secondo i Giudici di legittimità, laddove la lex fori e la lex contractus siano in contrasto, deve trovare applicazione la disciplina più favorevole per il lavoratore.

Su tali presupposti, la Suprema Corte ha ritenuto applicabile, ai primi contratti a termine con decorrenza dal 1997, la legge italiana - quale lex fori - rispetto a quella inglese prevista dalle parti (lex contractus), convertendo, conseguentemente, il rapporto in uno a tempo indeterminato.

A cura di Fieldfisher