Stampa

Cassazione: come si quantifica il risarcimento in caso di abuso di contratti a termine nella PA?


icona

Con l’ordinanza n. 19977 del 23.09.2020, la Cassazione ribadisce che, in caso di illegittima reiterazione di contratti a termine alle dipendenze di una PA, al lavoratore spetta unicamente il risarcimento del danno quantificato ai sensi dell’art. 32, comma 5, della L. 183/2010.

Il fatto affrontato

Due lavoratori, dipendenti di un Comune, ricorrono giudizialmente al fine di ottenere la declaratoria di illegittimità del termine apposto ai loro contratti di lavoro.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, riconoscendo ai ricorrenti un’indennità risarcitoria di 15 mensilità, pari cioè a quella spettante, ex art. 18 della L. 300/1970, al dipendente che rinuncia alla reintegra.

L’ordinanza

La Cassazione - nel ribaltare la statuizione della Corte d’Appello - afferma, preliminarmente, che nell'ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a termine alle dipendenze di una pubblica amministrazione, il lavoratore ha diritto esclusivamente ad un risarcimento del danno.

Secondo i Giudici di legittimità, detto pregiudizio è normalmente correlato alla perdita di chances di altre occasioni di lavoro stabile e non alla mancata conversione del rapporto, esclusa per legge con norma conforme sia ai parametri costituzionali che a quelli comunitari.

Per la sentenza, pertanto, ai fini della quantificazione del risarcimento, il parametro di cui all'art. 18 della L. 300/1970 risulta incongruo, perché per il dipendente pubblico a termine non c'è la perdita di alcun posto di lavoro.
A tal fine, appare, invero, più corretto fare riferimento all'art. 32, comma 5, della L. 183/2010, che riguarda specificamente il risarcimento del danno in caso di illegittima apposizione del termine.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso del Comune datore, rideterminando il risarcimento riconosciuto ai due lavoratori.

A cura di Fieldfisher