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Cassazione: il pubblico dipendente non può assumere altri incarichi anche se è in aspettativa


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Con l’ordinanza n. 6637 del 09.03.2020, la Cassazione afferma che per il pubblico dipendente l'incompatibilità del suo impiego con altro rapporto di lavoro è configurabile anche se lo stesso si trova in aspettativa.

Il fatto affrontato

La società propone opposizione giudiziale avverso l’ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa, comminatale per aver conferito, negli anni 2006 e 2007, incarichi di consulenza ad un dipendente pubblico senza l'autorizzazione dell’ente datore.
A fondamento della predetta domanda, la medesima sostiene che tale autorizzazione non era dovuta, dal momento che il soggetto incaricato, nel periodo interessato, era stato collocato in aspettativa.

L’ordinanza

La Cassazione - nel confermare la statuizione della Corte d’Appello - ritiene di non poter aderire alla tesi difensiva della società ricorrente, secondo cui non sussisteva alcuna colpa imputabile al committente privato per gli incarichi conferiti, dal momento che essendo il pubblico dipendente in aspettativa e fuori ruolo, non erano configurabili situazioni di conflitto di interesse o di ostacolo alle sue mansioni ed al rispetto dell'orario di lavoro.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, l'aspettativa non fa cessare il rapporto e l'art. 53 del D.Lgs. 165/2001, che disciplina l'incompatibilità, non distingue a seconda dello stato del rapporto di lavoro.

Ciò in quanto, è il semplice appartenere alla pubblica amministrazione che non fa cessare i rischi di conflitto di interesse o di possibili utilizzazioni di entrature.

Per la sentenza, dunque, il pubblico dipendente deve sempre chiedere l'autorizzazione per assumere altri incarichi, salvo che norme particolari non lo richiedano.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso della società, confermando la condanna della stessa a pagare la somma ingiuntale a titolo di sanzione amministrativa.

A cura di Fieldfisher