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Cassazione - Sussistenza della giusta causa nel licenziamento disciplinare per sottrazione di beni aziendali: gravità della condotta e proporzione della sanzione


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Secondo quanto deciso dalla Cassazione, con sentenza n. 24014 del 12.10.2017, la giusta causa del licenziamento che riguardi una contestazione avente ad oggetto l’asportazione di beni aziendali presuppone una verifica di legittimità che va operata con riferimento agli aspetti concreti afferenti alla natura ed alla utilità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, al nocumento eventualmente arrecato, alla portata soggettiva dei fatti stessi, ai motivi e all’intensità dell’elemento intenzionale o di quello colposo.

Il caso affrontato dalla Suprema Corte

Il datore di lavoro ha licenziato il dipendente trovato in possesso di merce del valore di €. 9,80 e sottratta da quest’ultimo presso il supermercato ove prestava servizio svolgendo, al momento del licenziamento, mansioni di addetto al rifornimento degli scaffali ed, in precedenza, di addetto alla sicurezza. Al momento del passaggio in portineria scattava l’allarme antitaccheggio.

In particolare, il datore ha ritenuto integrata la fattispecie della giusta causa di licenziamento e, quindi, la gravità della condotta e la proporzione della sanzione espulsiva ritenendole non escluse dal valore esiguo dei beni sottratti, avuto riguardo alla organizzazione del lavoro ed alle mansioni affidate.

Il lavoratore ha agito in giudizio per la declaratoria della illegittimità del licenziamento subito.  

La sentenza

La Corte di Cassazione, nel confermare le decisioni di primo e secondo grado che hanno confermato la legittimità del licenziamento, ha affermato i seguenti principi:

- configurabilità di un vizio riconducibile alla violazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 solo nel caso in cui la combinazione ed il peso dei dati fattuali, come definito dal giudice di merito, non consente la riconduzione alla nozione legale di giusta causa di licenziamento;

- deducibilità di omesso esame di uno dei parametri individuati dalla giurisprudenza ai fini della integrazione della giusta causa, quale vizio rientrante nell’ambito dell’art. 360 c. 1 n. 5 e, quindi, per le sentenze soggette alla disciplina del d.l. n. 83/2012 (come nel caso di specie) denunciabile ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 5 quale omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti;

  - inammissibilità, nel caso di specie, del motivo di cassazione erroneamente sussunto nell’ambito dell’art. 360 c. 1 n. 3, laddove viene dedotto che la condotta oggetto di contestazione disciplinare non risulterebbe accertata in modo incontrovertibile, in quanto doglianza estranea al motivo denunciato e riconducibile, invece, all’art. 360 c. 1 n. 5 non denunciato;

- infondatezza del motivo laddove viene proposto un diverso apprezzamento della gravità dei fatti e della concreta ricorrenza degli elementi che integrano il parametro normativo della giusta causa in quanto giudizio di fatto demandato al giudice di merito e sindacabile in cassazione solo a condizione che la contestazione contenga una specifica denuncia di incoerenza rispetto agli standards, conformi ai valori dell’ordinamento, esistenti nella realtà sociale

- gravità del comportamento, nel caso di specie, da valutarsi non in riferimento alla tenuità del danno patrimoniale quanto in relazione all’eventuale tenuità del fatto oggettivo, rispetto ad un giudizio circa futuri comportamenti del lavoratore, e quindi della fiducia che nello stesso può nutrire l’azienda, laddove la condotta del lavoratore sia idonea a porre in dubbio la futura correttezza del suo adempimento.

 

A cura di Fieldfisher