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Cassazione: quando il ritardo nella contestazione inficia la sanzione inflitta


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Con l’ordinanza n. 7642 del 09.03.2022, la Cassazione afferma che la sanzione disciplinare inflitta al pubblico dipendente non può considerarsi illegittima solo perché il dirigente preposto ha inoltrato gli atti all’ufficio competente oltre i cinque giorni dalla notizia del fatto.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, dipendente di un’azienda ospedaliera, impugna giudizialmente la sanzione disciplinare della sospensione per sei mesi irrogatagli per aver svolto prestazioni professionali e di docenza esterne, senza autorizzazione della PA di appartenenza.

L’ordinanza

La Cassazione rileva che, in tema di illeciti di maggiore gravità imputabili al pubblico dipendente, l'art. 55 bis del D.Lgs. 165/2001, nel delineare i tempi della contestazione impone al dirigente della struttura amministrativa di trasmettere, "entro cinque giorni dalla notizia del fatto", gli atti all'ufficio disciplinare e prescrive a quest'ultimo, a pena di decadenza, di contestare l'addebito entro i successivi quaranta giorni.

Secondo i Giudici di legittimità va, dunque, escluso che l'inosservanza del primo termine, che assolve ad una funzione sollecitatoria, comporti, di per sé, l'illegittimità della sanzione inflitta.

Per la sentenza, la violazione di tale termine assume rilievo solo qualora la trasmissione degli atti venga ritardata in misura tale da rendere eccessivamente difficile l'esercizio del diritto di difesa o tardiva la contestazione dell'illecito.

Su tali presupposti, la Suprema Corte, non ritenendosi integrata nel caso di specie nessuna delle due predette circostanze, rigetta il ricorso del dipendente.

A cura di Fieldfisher