Stampa

Cassazione: procedimento disciplinare e principio del ne bis in idem


icona

Con la sentenza n. 26815 del 23.10.2018, la Cassazione afferma che deve considerarsi nullo e ritorsivo il secondo licenziamento con il quale si contestano al lavoratore fatti simili a quelli posti a fondamento di un primo provvedimento espulsivo, trovando applicazione il principio giuridico del ne bis in idem.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, funzionario presso un istituto bancario, impugna giudizialmente il licenziamento disciplinare irrogatogli dalla società datrice per l’abituale condotta di incaricare i colleghi a fare la spesa per suo conto, durante l’orario di servizio, ovvero di timbrare la sua presenza in Ufficio nonostante l’assenza dai locali della filiale.
A fondamento della propria domanda, il dipendente deduce che i fatti sottesi al recesso erano i medesimi che avevano portato la banca ad irrogargli un precedente licenziamento poi annullato in sede giudiziale.

La sentenza

La Cassazione, confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, afferma che il generale principio del ne bis in idem, comune a tutti i rami del diritto, deve trovare applicazione anche nel procedimento disciplinare privatistico.

Secondo i Giudici di legittimità, ne consegue che il datore di lavoro, una volta esercitato il potere disciplinare nei confronti del prestatore in relazione a determinati fatti costituenti infrazioni disciplinari, non può esercitare, una seconda volta, per quegli stessi fatti, il detto potere ormai consumato, essendogli consentito soltanto di tener conto delle sanzioni eventualmente applicate, entro il biennio, ai fini della recidiva.

Il suddetto divieto, per la sentenza, trova, pertanto, applicazione laddove parte datoriale eserciti il potere disciplinare per uno stesso fatto, imputandogli una diversa valutazione o configurazione giuridica.
Di contro, il principio de quo non può essere invocato ove il nuovo esercizio del potere disciplinare del datore riguardi fatti che, sebbene della stessa indole di quelli che hanno formato oggetto di un pregresso procedimento, siano, tuttavia, diversi per le particolari circostanze di tempo e di luogo che li contraddistinguono e, come tali, siano contestati nella loro specifica individualità.

Alla luce di ciò, la Suprema Corte respinge il ricorso proposto dalla banca, sul presupposto che i fatti oggetto del secondo licenziamento altro non erano che quelli in cui si era concretizzata la condotta abituale contestata con il primo recesso.

A cura di Fieldfisher