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Cassazione: l’assoluzione in sede penale non preclude l’irrogazione di sanzioni disciplinari


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Con la sentenza n. 3659 del 12.02.2021, la Cassazione afferma che l’assoluzione intervenuta nel giudizio penale non preclude il vaglio degli stessi fatti sotto il profillo disciplinare, dal momento che l’interesse datoriale a sanzionare un inadempimento posto in essere da un dipendente può sussistere laddove la condotta dello stesso non integri un’ipotesi di reato.

Il fatto affrontato

Il pubblico dipendente impugna giudizialmente il licenziamento per giusta causa irrogatogli per essere stato scoperto, dall’inviato di una nota trasmissione televisiva, a rilasciare certificati gratuiti in cambio di denaro.
A fondamento della predetta domanda, il medesimo deduce l’illegittimità del recesso anche a fronte della sentenza penale di assoluzione - intervenuta sui medesimi accadimenti - per insussistenza del fatto.

La sentenza

La Cassazione, confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, afferma che il giudicato penale non preclude, in sede disciplinare, una rinnovata valutazione dei fatti accertati dal giudice penale, attesa la diversità dei presupposti delle rispettive responsabilità.

Per la sentenza, l’unico limite esistente in tale caso è quello dell’immutabilità dell’accertamento dei fatti nella loro materialità - e, dunque, della ricostruzione dell’episodio posto a fondamento dell’incolpazione - operato nel giudizio penale.

Secondo i Giudici di legittimità, la sanzione disciplinare è, infatti, strettamente correlata al potere direttivo del datore, che consente all’imprenditore di reagire alle condotte del lavoratore che integrano un inadempimento contrattuale.
In altre parole, il datore di lavoro pubblico o privato può ritenere irrimediabilmente leso il vincolo fiduciario – e, quindi, licenziare il dipendente – anche per fatti che non sono stati ritenuti meritevoli di condanna in sede penale.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso del pubblico dipendente e conferma la legittimità del licenziamento, dal momento che l’assoluzione in sede penale aveva riguardato solo il reato, cioè il fatto corruttivo, ma non aveva escluso il fatto materiale costituito dalla indebita ricezione da privati, nell’esercizio delle funzioni, di somme di denaro.

A cura di Fieldfisher