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Cassazione: illegittimo il licenziamento disciplinare basato esclusivamente su una lettera anonima


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Con la sentenza n. 13667 del 30.05.2018, la Cassazione afferma che deve considerarsi illegittimo il licenziamento disciplinare irrogato senza una preventiva contestazione scritta, avente il carattere della specificità, tale da permettere al lavoratore di esercitare proficuamente il proprio diritto di difesa.

Il fatto affrontato

La Corte d’Appello sostiene l’illegittimità del licenziamento disciplinare irrogato al lavoratore, per non avere quest’ultimo ricevuto una vera e propria contestazione scritta.
Secondo i Giudici, infatti, non può ritenersi tale la lettera inviata dalla società, nella quale si chiede al dipendente un riscontro circa la veridicità di un esposto anonimo pervenuto in azienda, secondo cui il prestatore era titolare di ulteriori incarichi incompatibili con il posto ricoperto all’interno dell’impresa.

La sentenza

La Cassazione, confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, ribadisce che la contestazione dell'addebito ha lo scopo di consentire al lavoratore incolpato l'immediata difesa e deve, conseguentemente, rivestire il carattere della specificità, senza l'osservanza di schemi prestabiliti e rigidi, purché siano fornite al dipendente le indicazioni necessarie per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti addebitati.

Ulteriormente, i Giudici di legittimità affermano che tale contestazione riveste il carattere dell’immutabilità, che preclude al datore di far poi valere, a sostegno della legittimità del licenziamento stesso, circostanze nuove rispetto a quelle contestate, tali da implicare una diversa valutazione dell'infrazione.
Ciò perchè deve garantirsi l'effettivo diritto di difesa che la normativa sul procedimento disciplinare, di cui all'art. 7 l. 300/1970, assicura al prestatore incolpato.

Secondo la sentenza, quindi, la mancanza formale della contestazione o l’omissione all’interno della stessa di alcuni requisiti fondamentali, comporta l’illegittimità del licenziamento conseguentemente irrogato, per violazione del diritto di difesa del lavoratore coinvolto.

Applicando tali principi al caso di specie, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dalla società, ritenendo la missiva dalla stessa inviata al dipendente non una vera e propria contestazione disciplinare, ma una sorta di pre-istruttoria tesa a fare chiarezza sulla vicenda al fine di evitare il procedimento a carico del medesimo.

A cura di Fieldfisher