Stampa

Cassazione: il valore probatorio della sentenza di patteggiamento nel procedimento disciplinare


icona

Con la sentenza n. 5897 del 03.03.2020, la Cassazione afferma che la sentenza di patteggiamento in sede penale ben può essere utilizzata come prova, nel relativo procedimento disciplinare, per dimostrare la sussistenza del fatto contestato.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli a seguito del suo arresto per detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, affermando, tra le altre cose, l’inidoneità della sentenza di patteggiamento – cui era pervenuto il ricorrente – ad estendere gli effetti del giudicato, nel giudizio per responsabilità disciplinare, quanto all'accertamento della sussistenza del fatto.

La sentenza

La Cassazione, ribaltando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, afferma che la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. ben può essere utilizzata come prova nel corrispondente giudizio di responsabilità in sede civile.
In tal caso, infatti, l'imputato non nega la propria responsabilità e, senza procedere alla contestazione del fatto, accetta una determinata condanna, chiedendone o consentendone l'applicazione.

Detta sentenza, pur non essendo oggetto di statuizione assistita dall'efficacia del giudicato, costituisce, quindi, un indiscutibile elemento di prova per il giudice civile, il quale, ove intenda disconoscerne l’efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le relative ragioni.

Per i Giudici di legittimità, devono ritenersi, dunque, dimostrati i fatti storici accertati con la sentenza penale di cui all'art. 444 c.p.p. e la loro idoneità ad acquisire rilevanza in sede disciplinare.

Su tali presupposti, la Suprema Corte – ritenendo provata l’attività di detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio da parte del dipendente – accoglie il ricorso della società e cassa con rinvio l’impugnata pronuncia.

A cura di Fieldfisher