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Cassazione: il lavoratore ha diritto all’accesso a tutti i documenti aziendali contenenti i suoi dati personali


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Con l’ordinanza n. 32533 del 14.12.2018, la Cassazione afferma che, in ossequio a quanto previsto dall’art. 7 del d.lgs. 196/2003, un dipendente può chiedere al datore di lavoro l’accesso a tutti i propri dati personali, ivi inclusi quelli che pur non avendo carattere oggettivo siano contenuti in documenti che portano alle decisioni aziendali.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, dipendente di banca, dopo aver ricevuto una sanzione disciplinare, propone ricorso al Garante per la protezione dei dati personali, al fine di reiterare la richiesta - precedentemente negatagli dalla società datrice - di ottenere la comunicazione dei dati personali che lo riguardavano, contenuti in due documenti elaborati dall’istituto di credito in conformità alla circolare interna inerente il procedimento disciplinare.
La banca, invitata dall’Ufficio del Garante a fornire riscontro alle richieste del dipendente, replica di aver messo a disposizione tutte le informazioni sull’apertura del procedimento disciplinare e di aver negato l’accesso agli altri documenti, in quanto, oltre a contenere dati della società anch’essi protetti dalla normativa sulla privacy, erano da considerare espressione del diritto di organizzare e gestire la propria attività.
Avverso l’accoglimento del ricorso da parte del Garante, la società datrice propone opposizione dinnanzi al Tribunale, che conferma, però, l’impugnato provvedimento, ritenendolo coerente ai principi in tema di difesa del lavoratore nel procedimento disciplinare.

L’ordinanza

La Cassazione, confermando la statuizione del Garante per la protezione dei dati personali e del Tribunale, afferma che il diritto di accesso ex art. 7 del d.lgs. 196/2003 non può intendersi, in senso restrittivo, come il mero diritto alla conoscenza di eventuali dati nuovi ed ulteriori rispetto a quelli già entrati nel patrimonio di conoscenza e, quindi, nella disposizione dello stesso soggetto interessato al trattamento dei propri dati.
Ciò, in quanto la ratio sottesa alla suddetta norma è quella di garantire, a tutela della dignità e riservatezza del soggetto interessato, la verifica dell'avvenuto inserimento, della permanenza, ovvero della rimozione di dati, indipendentemente dalla circostanza che tali eventi fossero già stati portati per altra via a conoscenza dell'interessato.

Ulteriormente, per i Giudici di legittimità, la documentazione relativa alle vicende del rapporto di lavoro, imposta dalla legge, o prevista dall'organizzazione aziendale (tramite circolari interne), dà luogo alla formazione di documenti che formano sempre oggetto di diritto di accesso, ex art. 7 del citato decreto legislativo, consistendo in dati personali.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso della banca datrice, confermando il diritto del dipendente ad accedere ai dati richiesti.

A cura di Fieldfisher