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Decreto Rilancio: Novità per licenziamenti individuali e collettivi


dipendente licenziato
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Il Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18 (cd. Decreto Cura Italia), convertito con modificazioni dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27, ha introdotto specifiche disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e per giustificato motivo oggettivo con la finalità di dare continuità ai rapporti di lavoro nell’attuale fase di emergenza da COVID-19.

In particolare, l’art. 46 D.L. n. 18/2020 ha previsto che, dalla data di entrata in vigore del medesimo Decreto, ossia dal 17 marzo 2020, per un periodo di 60 giorni:

- non possono essere avviate le procedure di licenziamento collettivo ex artt. 4, 5 e 24, della Legge 23 luglio 1991, n. 223, e sono sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020;

- indipendentemente dal numero dei dipendenti, il datore di lavoro non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ex art. 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604.

Il Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34 (cd. Decreto Rilancio), entrato in vigore in data 19 maggio 2020, ha apportato diverse modifiche all’art. 46 D.L. 18/2020.

Nello specifico, l’art. 80 del Decreto Rilancio ha in primo luogo esteso fino a 5 mesi (dai 60 giorni iniziali) il periodo in cui il datore di lavoro non potrà procedere con i licenziamenti collettivi e/o per giustificato motivo oggettivo. Periodo, quest’ultimo, in ogni caso decorrente dalla data di entrata in vigore del Decreto Cura Italia, ovvero dal 17 marzo 2020.

Il Decreto Rilancio ha poi chiarito che la sospensione vale anche per le procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in corso di cui all’art. 7 Legge 15 luglio 1966, n. 604.

L’art. 80 del Decreto Rilancio ha, infine, aggiunto all’art. 46 del Decreto Cura Italia il comma 1-bis, con il quale è offerta al datore di lavoro, a determinate condizioni, la possibilità di revocare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, intimato nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 17 marzo 2020, senza oneri né sanzioni per il medesimo datore di lavoro.

Per comprendere meglio la portata delle novità introdotte dal Decreto Rilancio, si analizzano qui di seguito i vincoli in tema di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo che il datore di lavoro è tenuto a rispettare a decorrere dal 19 maggio 2020.

A. Le procedure di licenziamento collettivo

Con riferimento ai licenziamenti collettivi, l’attuale art. 46, comma 1, D.L. n. 18/2020, così come modificato dall’art. 80 del Decreto Rilancio, prevede che le procedure di cui agli artt. 4, 5 e 24 della Legge 23 luglio 1991, n. 223, non potranno essere avviate sino al 17 agosto 2020.

Nello specifico, costituiscono procedure di licenziamento collettivo ex artt. 4, 5 e 24, L. n. 223/1991:

- la procedura avviata dall’impresa ammessa alla cassa straordinaria di integrazione salariale che, nel corso del periodo di sospensione, ritiene di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative;
- la procedura avviata da imprese che occupano più di 15 dipendenti e che, in conseguenza di una riduzione o di una trasformazione di attività o di lavoro, intende effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco di 120 giorni, in ciascuna unità produttiva, o in più unità produttive nell’ambito del territorio della stessa provincia.

Le procedure di licenziamento collettivo si considerano avviate alla data di ricezione della comunicazione preventiva che il datore di lavoro è tenuto ad inviare alle organizzazioni sindacali e agli Uffici pubblici competenti ai sensi dell’art. 4, comma 2, L. n. 223/1991.

Sempre fino al 17 agosto 2020, sono sospese le procedure di licenziamento collettivo avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020 (ossia a partire dal 24 febbraio 2020). In particolare, sono sospesi tutti i termini che caratterizzano le diverse fasi delle procedure in questione.

Nessun effetto sospensivo si verifica, invece, per le procedure di licenziamento collettivo formalmente avviate sino al 23 febbraio. Per queste procedure, in assenza di indicazioni contrarie nella norma, si potrà procedere con l’esame congiunto in sede sindacale e in sede amministrativa e, al termine delle stesse, il datore di lavoro potrà intimare i licenziamenti.

B. I licenziamenti per giustificato motivo oggettivo

Con riferimento ai licenziamenti individuali, il nuovo art. 46, comma 1, D.L. n. 18/2020, così come modificato dall’art. 80 del Decreto Rilancio, prevede che, fino al 17 agosto 2020, il datore di lavoro non potrà recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ex art. 3 Legge 15 luglio 1966, n. 604.

Il licenziamento intimato ai sensi dell’art. 3 L. n. 604/1966 è il licenziamento determinato da ragioni inerenti l’attività produttiva, l'organizzazione del lavoro e il suo regolare funzionamento.

Non sussiste alcuna preclusione nell’ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell'appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d'appalto. Previsione, quest’ultima, introdotta in sede di conversione in legge del Decreto Cura Italia.

Dopo l’emanazione del Decreto Cura Italia è sorto il dubbio se l’effetto preclusivo riguardasse anche la procedura di conciliazione preventiva ex art. 7 L. n. 604/1966 che deve essere obbligatoriamente attivata presso l’Ispettorato territoriale del lavoro.

Procedura richiesta, in particolare, per le imprese di maggiori dimensioni, nel caso in cui si intenda procedere al licenziamento, sempre per giustificato motivo oggettivo, di dipendenti assunti prima del 7 marzo 2015 (data di entrata in vigore del Decreto Legislativo 4 marzo 2015, n. 23).

Come già anticipato, alla luce delle novità introdotte dal Decreto Rilancio, si considerano sospese, sempre fino al 17 agosto 2020, anche le procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in corso di cui all’art. 7 L. n. 604/1966.

In assenza di specifiche disposizioni al riguardo, si ritiene che i vincoli di cui sopra non trovino applicazione alle seguenti fattispecie:

- licenziamento per motivi disciplinari;
- licenziamento per superamento del periodo di comporto;
- licenziamento durante o alla fine del periodo di prova;
- licenziamento per raggiungimento del limite massimo di età per la fruizione della pensione di vecchiaia;
- licenziamento per inidoneità alle mansioni;
- licenziamento del lavoratore domestico;
- licenziamento del dirigente;
- la risoluzione dell’apprendistato al termine del relativo periodo.

Con riferimento al licenziamento per superamento del periodo di comporto, occorre, in ogni caso, aver presente che, ai sensi dell’art. 26 del Decreto Cura Italia, il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva dai lavoratori del settore privato non è computabile ai fini del periodo di comporto.

Ci si interroga, infine, sull’applicazione del divieto di recedere dal contratto di lavoro al licenziamento per giustificato motivo oggettivo ex art. 3 L. n. 604/1966 intimato:

- al lavoratore assunto dal 7 marzo 2015 (ipotesi per cui non è richiesta la procedura di cui all’art. 7 L. n. 604/1966);
- dopo la scadenza del termine di 60 giorni inizialmente previsto dal Decreto Cura Italia (16 maggio 2020) e prima dell’entrata in vigore del Decreto Rilancio (19 maggio 2020) che ha esteso il predetto termine fino al 17 agosto 2020 (ad esempio, in data 18 maggio 2020);
- con efficacia immediata (quindi, con pagamento al lavoratore dell’indennità di mancato preavviso).

La predetta fattispecie è estranea sia alla disciplina del Decreto Cura Italia (in quanto trattasi di un licenziamento disposto dopo la scadenza del termine di 60 giorni) sia a quella del Decreto Rilancio (poiché intimato prima dell’entrata in vigore di quest’ultimo Decreto).

Alla medesima fattispecie, pertanto, non troverebbe applicazione il divieto di licenziamento stabilito dal nuovo art. 46 del Decreto Cura Italia.

C. La revoca del licenziamento senza oneri né sanzioni per il datore di lavoro

Il nuovo comma 1-bis dell’art. 46 D.L. n. 18/2010 consente al datore di lavoro di revocare “in ogni tempo” il licenziamento per giustificato motivo oggettivo ex art. 3 L. n. 604/1966, intimato nel periodo dal 23 febbraio al 17 marzo 2020, e di procedere al ripristino senza soluzione di continuità del rapporto di lavoro, senza oneri né sanzioni per il medesimo datore di lavoro.

Ciò in deroga all’obbligo - previsto dall’art. 18, comma 10, L. n. 300/1970 (cd. “Statuto dei Lavoratori”) - di procedere alla revoca del licenziamento entro il termine di 15 giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell'impugnazione del medesimo, pena l’applicazione dei regimi sanzionatori previsti dall’art. 18 L. n. 300/1970.

La possibilità di cui di discute è offerta al datore di lavoro purché contestualmente lo stesso faccia richiesta del trattamento di cassa integrazione salariale di cui agli artt. 19 e 22 del Decreto Cura Italia a partire dalla data di efficacia del licenziamento.

Avv. Andrea Lucà - Fieldfisher