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Cassazione: il lavoratore può rinunciare al riposo nei giorni di festività infrasettimanale?


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Con l’ordinanza n. 8958 del 31.03.2021, la Cassazione afferma che la rinuncia al diritto all'astensione dalla prestazione nelle giornate festive infrasettimanali, di cui all'art. 2 della L. 260/1949, può essere validamente inserita come clausola del contratto individuale di lavoro, trattandosi di un diritto disponibile del dipendente.

Il fatto affrontato

Tre dipendenti propongono ricorso giudiziale per chiedere l'annullamento delle sanzioni disciplinari conservative loro applicate per essersi astenute dal lavoro durante alcune festività nazionali infrasettimanali.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, sul presupposto che le clausole di disponibilità allo svolgimento della prestazione nei giorni festivi e domenicali, inserite nei contratti delle ricorrenti, dovevano ritenersi nulle sia per la loro indeterminatezza che per la posizione di debolezza rivestita dalle lavoratrici al momento della sottoscrizione.

L’ordinanza

La Cassazione - nel ribaltare la statuizione della Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che la L. 260/1949 ha riconosciuto ai lavoratori un diritto soggettivo, non disponibile a livello collettivo, ad astenersi dal lavoro durante le festività infrasettimanali.

Per la sentenza, tuttavia, il divieto a lavorare in occasione di dette festività non è assoluto, potendo il dipendente, nell'esercizio della propria autonomia individuale, esprimere il consenso a svolgere la prestazione in tali giornate, a fronte del riconoscimento di una retribuzione aggiuntiva.

Secondo i Giudici di legittimità, dunque, trattandosi di un diritto disponibile del lavoratore, deve ritenersi valido un accordo tra lo stesso ed il proprio datore in ordine allo svolgimento della prestazione nelle giornate di festività infrasettimanali.
A condizione, però, che l'oggetto di tale accordo sia chiaramente determinabile mediante il ricorso al riferimento normativo esterno costituito dalla L. 260/1949 ed il potere del datore di richiedere la prestazione in tali giornate sia esercitato nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dalla società, confermando la legittimità delle sanzioni dalla stessa applicate alle tre dipendenti, anche a fronte della assoluta chiarezza della clausola contenuta nei loro contratti individuali.

A cura di Fieldfisher