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Cassazione: il controllo sulle timbrature non viola l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori


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Con la sentenza n. 20879 del 21.08.2018, la Cassazione afferma che il controllo effettuato a posteriori dal datore di lavoro sulle timbrature effettuate da un dipendente, non viola il precetto di cui all’art. 4 della l. 300/1970 a meno che non si risolva sic et simpliciter in un accertamento sul quantum dell’adempimento.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, dipendente pubblico, impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli dall’Ente datore per essere risultato in alcune giornate presente sia in missione fuori ufficio (con relativa indennità e anche compenso per le ore di straordinario) sia in tribunale in qualità di CTU che presso il suo studio ove svolgeva la libera professione.
A fondamento della propria domanda, deduce la violazione, da parte dell’Amministrazione, dell’art. 4 della l. 300/1970, avendo la stessa effettuato dei controlli a distanza sulle sue timbrature.

La sentenza

La Cassazione, confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, afferma, preliminarmente, che i controlli dei lavoratori finalizzati non già a verificare l'esatto adempimento delle obbligazioni direttamente scaturenti dal rapporto di lavoro, ma a tutelare beni del patrimonio aziendale ovvero ad impedire la perpetrazione di comportamenti illeciti, sono fuori dallo schema normativo dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori.

Per la sentenza, ne consegue che sono tendenzialmente ammissibili i controlli difensivi c.d. "occulti", in quanto diretti all'accertamento di comportamenti illeciti diversi dal mero inadempimento della prestazione lavorativa, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, ferma restando la necessaria esplicazione delle attività di accertamento mediante modalità non eccessivamente invasive e rispettose delle garanzie di libertà e dignità dei dipendenti, con le quali l'interesse del datore al controllo ed alla difesa della organizzazione produttiva aziendale deve contemperarsi, e, in ogni caso, sempre secondo i canoni generali della correttezza e buona fede contrattuale.

Pertanto, per i Giudici di legittimità, la rilevazione dei dati di entrata ed uscita dall'azienda mediante un'apparecchiatura predisposta dal datore (come può essere un badge elettronico) se non concordata con le rappresentanze sindacali, né autorizzata dall'Ispettorato del lavoro è illegittima ai sensi dell'art. 4, comma 2, della l. 300/1970 (nella versione vigente ante Jobs Act, ratione temporis applicabile) solo se si risolve in un accertamento sul quantum dell'adempimento, dovendosi, invece, escludere che l'esigenza di evitare condotte illecite da parte dei dipendenti - in contrasto con i doveri di diligenza - possa assumere portata tale da giustificare un sostanziale annullamento di ogni forma di garanzia della dignità e riservatezza del lavoratore.

Non rientrandosi in quest’ultima circostanza nel caso di specie, ove la verifica effettuata dal datore è stata svolta non per controllare l’attività ed il suo esatto adempimento, ma per completare le indagini relative ad attività illecite poste in essere da un funzionario infedele, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dal medesimo.

A cura di Fieldfisher