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Tribunale di Macerata: quando lo storno di dipendenti sfocia in concorrenza sleale


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Con la sentenza del 17.07.2018, il Tribunale di Macerata afferma che per aversi concorrenza sleale non è sufficiente il c.d. storno di dipendenti, essendo necessario anche che la condotta di una società sia connotata da una volontà di danneggiare un’impresa concorrente (su un argomento similare si veda: Il patto di non concorrenza nell’art. 2125 c.c.).

Il fatto affrontato

La società ricorre giudizialmente contro un’altra azienda, anch’essa operativa nell’attività di produzione e commercializzazione di articoli di pelletteria ed avente sede nel medesimo Comune, denunciando condotte di concorrenza sleale tenute da quest’ultima.
In particolare, la ricorrente deduce che le suddette condotte si sono concretizzate nello storno di otto dipendenti già formati ed altamente specializzati, grazie all’esperienza ultradecennale alle proprie dipendenze, e nella conseguente sottrazione di cognizioni e competenze.

La sentenza

Il Tribunale afferma che la concorrenza sleale non può mai derivare dalla mera constatazione di un passaggio di collaboratori (c.d. storno di dipendenti) da un'impresa ad un'altra concorrente, nè dalla contrattazione che un imprenditore intrattenga con il collaboratore del concorrente, attività in quanto tali legittime essendo espressione dei principi della libera circolazione del lavoro e della libertà di iniziativa economica.

Secondo il Giudice per integrarsi la suddetta fattispecie è necessario che la condotta sia connotata anche da una sorta di animus nocendi, riscontrabile in tutti quei comportamenti contraddistinti da ulteriori elementi fattuali quali:
- la quantità dei soggetti stornati;
- la portata dell'organizzazione complessiva dell'impresa concorrente;
- la posizione che i dipendenti stornati rivestivano all'interno dell'azienda concorrente;
- la scarsa fungibilità dei dipendenti;
- la rapidità dello storno;
- il parallelismo con l'iniziativa economica del concorrente stornante.

In altri termini, per la sentenza, non sono illecite le attività di concorrenza, ma solo quelle caratterizzate dall’intento di nuocere al concorrente (prevalente rispetto a quello ordinario di acquisizione di quote di mercato o di clientela sottraendole ad altri imprenditori) ovvero di acquisire conoscenze e vantaggi imprenditoriali (in fase di ideazione di prodotti, di loro produzione, commercializzazione e vendita) propri di un’azienda concorrente.

Accertata, quindi, la presenza delle suddette circostanze nel caso di specie, il Tribunale vieta alla società resistente di utilizzare le prestazioni lavorative dei dipendenti stornati, nonché di eventuali ulteriori lavoratori già in forza presso la ricorrente, nello svolgimento di mansioni uguali e/o analoghe a quelle già svolte alle dipendenze di quest’ultima ed in ogni altra equivalente ai sensi dell’art. 2103 c.c.

A cura di Fieldfisher