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Cassazione: sanzionabile il pubblico dipendente che svolge altri lavori anche in assenza di un effettivo danno per la P.A.


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Con l’ordinanza n. 31277 del 29.11.2019, la Cassazione afferma che, in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 97 Cost., è preclusa al pubblico dipendente la creazione di qualsivoglia centro di interesse alternativo all’ufficio di adibizione che potrebbe, anche solo potenzialmente, distoglierlo dai propri doveri istituzionali.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, dirigente medico, impugna giudizialmente la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per un mese inflittagli dalla USL per lo svolgimento di attività lavorativa collaterale a favore di una società di capitali di cui deteneva quote maggioritarie, in conflitto di interessi con l’Azienda datrice.

L’ordinanza

La Cassazione, ribaltando la statuizione della Corte d’Appello, afferma che la normativa sul pubblico impiego prevede il dovere di 'esclusività' del dipendente pubblico, il quale è obbligato a riservare all'ufficio di appartenenza tutte le sue energie lavorative, con espresso divieto - salve limitate tassative eccezioni - di svolgere attività imprenditoriale, professionale o di lavoro autonomo, nonché di instaurare rapporti di lavoro alle dipendenze di terzi o accettare cariche o incarichi in società o enti che abbiano fini di lucro.

Per la sentenza, la normativa intervenuta in materia ha posto sbarramenti assoluti, mirando a prevenire, già sul piano della potenzialità, il dispendio di energie del lavoratore pubblico in altre attività.
La preminenza dell'interesse pubblico ha, dunque, determinato un assetto segnato dalla equiparazione di attualità e potenzialità del conflitto, mediante un giudizio prognostico ex ante, indipendentemente dall'esistenza di riflessi negativi sul rendimento e sull'osservanza dei doveri d'ufficio.

Secondo i Giudici di legittimità, quindi, nell’ipotesi di svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente pubblico, l’Amministrazione datrice non ha alcun onere di dimostrare un conflitto di interessi in concreto ovvero un effettivo danno per la P.A.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso della USL, dichiarando legittima la sanzione dalla stessa inflitta al dirigente medico.

A cura di Fieldfisher