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Tribunale di Vicenza: la disciplina della revoca del licenziamento


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Con la sentenza n. 1 del 02.01.2019, il Tribunale di Vicenza afferma che il potere di revoca del licenziamento riconosciuto al datore di lavoro si configura come diritto potestativo, che incide sulla sfera giuridica del destinatario, attraverso il ripristino ex tunc del rapporto di lavoro, soltanto se interviene successivamente all’impugnativa del recesso da parte del dipendente.

Il fatto affrontato

La società irroga al dipendente un licenziamento per giustificato motivo oggettivo in data 30.04.2014, salvo, poi, revocare il recesso con una comunicazione del 04.06.2014.
Il lavoratore impugna, quindi, giudizialmente il predetto licenziamento, eccependo l’inefficacia della revoca perché anteriore all’impugnazione dello stesso.

La sentenza

Il Tribunale rileva, preliminarmente, che l’art. 18, comma 10, della l. 300/1970 recita testualmente: “Nell'ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell'impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal presente articolo”.

La particolarità della norma, rispetto al regime generale degli atti giuridici unilaterali ricettizi, sta nel riconoscere al datore il diritto potestativo di ripristinare il rapporto di lavoro, senza soluzione di continuità e retroattivamente, essendo indifferente la volontà del lavoratore di ristabilire o meno la status quo.
La norma esclude, inoltre, l’applicazione delle sanzioni per il licenziamento illegittimo e riconosce il diritto del prestatore di percepire la retribuzione per il periodo intercorrente dal recesso alla revoca, anche in assenza dello svolgimento della prestazione.
Tale regime risulta, però, applicabile solo in presenza di un indispensabile presupposto: il potere di revoca esplica, infatti, i suoi effetti di ricostituzione del rapporto ex tunc laddove vi sia una preventiva impugnazione del licenziamento da parte del dipendente.

Qualora, invece, il lavoratore non impugni il recesso, l’esercizio del potere di revoca da parte del datore non esplica gli effetti ripristinatori del rapporto in assenza del consenso del dipendente.
Invero, in questo caso, la revoca di un atto ricettizio come il licenziamento deve essere considerata alla stregua di una nuova proposta contrattuale di ricostituzione del rapporto, che richiede, per la sua efficacia, l’accettazione del prestatore.

La predetta disciplina, conclude il Tribunale - a seguito dell’emanazione del D.Lgs. 23/2015 (art. 5) - riguarda tutte le realtà aziendali, ivi comprese quelle che, per dimensioni, sarebbero escluse dall’ambito di applicabilità del regime sanzionatorio previsto dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.

A cura di Fieldfisher