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Tribunale di Trento: la sussistenza del giustificato motivo oggettivo esclude la ritorsività del licenziamento


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Con la sentenza n. 102 del 27.04.2018, il Tribunale di Trento afferma che la sussistenza del giustificato motivo oggettivo posto alla base del licenziamento, esclude che lo stesso possa avere natura ritorsiva.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, licenziato per giustificato motivo oggettivo, stante la cessazione dell’attività del ramo d’azienda cui il medesimo era addetto, impugna giudizialmente la sanzione espulsiva.
A fondamento della propria domanda sostiene la natura ritorsiva del recesso a causa dell’insussistenza del fatto addotto a fondamento dello stesso.

La sentenza

Il Tribunale di Trento afferma, preliminarmente, che deve essere considerato di natura ritorsiva il licenziamento che costituisca l’ingiusta ed arbitraria reazione, quale unica ragione (e non soltanto quale ragione determinante) del provvedimento espulsivo, avente quindi natura vendicativa.

Per affermare il carattere ritorsivo e, quindi, la nullità del provvedimento, secondo il Giudice, occorre specificamente dimostrare che l’intento discriminatorio o di rappresaglia ha avuto efficacia determinante ed esclusiva della volontà del datore, anche rispetto ad altri fatti rilevanti ai fini della configurazione di una giusta causa o di un giustificato motivo di recesso.

Il motivo illecito, secondo un consolidato principio giurisprudenziale, conduce alla nullità del licenziamento allorquando il provvedimento espulsivo sia stato determinato esclusivamente da esso; nullità che, invece, non è ravvisabile nel caso in cui, assieme a tale motivo illecito concorra, nella determinazione del recesso, anche un motivo lecito.

L'onere di provare che il licenziamento è stato irrogato per rappresaglia, continua la sentenza, grava sul lavoratore, che alleghi l’illiceità del motivo determinante a fondamento della domanda di reintegrazione, il quale può assolverlo anche attraverso presunzioni che, per poter assurgere al rango di prova, debbono essere gravi, precise e concordanti.

Tra le presunzioni, riveste, ovviamente, un ruolo rilevante la dimostrazione della inesistenza del diverso motivo addotto a giustificazione del licenziamento.
Ne consegue che, nel momento in cui dovesse emergere, come nel caso di specie, che il licenziamento è sorretto da un giustificato motivo oggettivo, questa circostanza costituirebbe una riprova dell’inesistenza dell’intento di rappresaglia.

Pertanto, applicando i suddetti principi al caso in esame, il Tribunale di Trento ha respinto il ricorso proposto dal lavoratore, posto che, mediante l’istruttoria, è emersa la reale soppressione del ramo d’azienda cui il medesimo era addetto, che come tale ha escluso la sussistenza di un diverso motivo illecito posto alla base del licenziamento per g.m.o. irrogatogli.

A cura di Fieldfisher