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Cassazione: valore della relazione di audit interno ai fini della giustificazione di un licenziamento


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Con la sentenza n. 9408 del 17.04.2018, la Cassazione afferma l’illegittimità di un licenziamento basato su un addebito inerente a dei fatti contenuti all’interno di una relazione redatta dal Direttore Auditing, dipendente della stessa società. Tale documento, infatti, non ha valenza probatoria, essendo unicamente utilizzabile dal datore per ricostruire le vicende storiche fattuali.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, addetto allo sportello in una banca, viene licenziato per giusta causa, a seguito di un addebito relativo a più fatti tra loro connessi e riguardanti, tutti, l'indebita apertura e gestione di un conto corrente intestato ad una cliente, da parte del marito, in assenza della delega della titolare.
La Corte d’Appello, confermando la sentenza di primo grado, ha ritenuto la sanzione espulsiva sproporzionata rispetto all'addebito mosso, anche alla luce delle risultanze istruttorie acquisite in sede di gravame, che avevano ridimensionato il numero delle infrazioni inizialmente contestate al dipendente.
L’istituto bancario propone ricorso per cassazione, lamentando un’erronea valutazione degli elementi probatori acquisiti, in particolare per il mancato esame del contenuto della relazione ispettiva redatta dal Direttore Auditing.

La sentenza

La Cassazione non ritiene di poter aderire alla censura mossa dalla banca nei confronti della sentenza di merito.

In particolare, i Giudici di legittimità, in ordine alla relazione ispettiva, sottolineano come la stessa non possa avere alcuna valenza probatoria.
Infatti, essendo redatta dal Direttore Auditing, dipendente della società, deve essere valutata alla stregua di un documento di formazione interna all’organizzazione aziendale, utile tutt’al più per ricostruire, da parte del datore di lavoro, le vicende storiche fattuali che hanno poi costituito l'oggetto dell'addebito.

Secondo la sentenza, le singole circostanze di fatto contenute nella citata relazione, per un valido utilizzo all'interno del processo, avrebbero dovuto essere oggetto di specifica prova testimoniale e/o documentale, assoggettata alle regole e principi previsti dal codice di procedura civile.

Su tali presupposti, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dall’istituto bancario, dichiarando illegittimo il licenziamento irrogato al proprio dipendente.

A cura di Fieldfisher