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Cassazione: spetta al lavoratore dimostrare che per la condotta contestatagli il CCNL prevede una sanzione conservativa


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Con la sentenza n. 24360 del 04.10.2018, la Cassazione afferma che è onere del prestatore dimostrare che la condotta ascrittagli rientra nelle ipotesi per le quali il CCNL applicabile al rapporto prevede una sanzione conservativa, con conseguente diritto alla reintegra nel proprio posto di lavoro ai sensi dell’art. 18, comma 4, della l. 300/1970, così come novellato dalla l. 92/2012 (sul punto si veda: L’art. 18 (commi 1-6) dello Statuto dei Lavoratori nella giurisprudenza).

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento disciplinare irrogatogli dall’azienda datrice per aver omesso, nell’ambito della sua posizione di coordinatore, di comunicare l’assenza in rete dei dati di chiusura gestionale di una cassa.
La Corte d’Appello, ritenendo il recesso una sanzione sproporzionata rispetto alla condotta contestata al dipendente, dichiara risolto il rapporto e riconosce al medesimo, ai sensi dell’art. 18, comma 5, della l. 300/1970, un’indennità risarcitoria commisurata a 22 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.
Il prestatore ricorre, però, in cassazione sostenendo che il proprio comportamento rientrava nelle ipotesi per le quali il CCNL applicabile prescrive una mera sanzione conservativa.

La sentenza

La Cassazione afferma, preliminarmente, che è stata introdotta dalla l. 92/2012 una graduazione delle ipotesi di illegittimità del licenziamento per motivi disciplinari, nell'ambito della quale la sanzione della reintegrazione è prevista per i casi in cui emerga l'insussistenza di un fatto giuridicamente rilevante ed imputabile al lavoratore, prescrivendosi la tutela risarcitoria laddove vi sia un difetto di proporzionalità non risultante dalle previsioni del contratto collettivo.
È, quindi, necessario accertare non solo la sussistenza o meno della giusta causa e del giustificato motivo di recesso, ma, nel caso di esito negativo di tale accertamento, anche il grado di divergenza della condotta datoriale dal modello legale e contrattuale legittimante.

In ordine a quest’ultimo punto, per ciò che concerne il profilo probatorio, i Giudici di legittimità osservano che, in tema di licenziamento, l'art. 5 della I. 604/1966 pone inderogabilmente a carico del datore di lavoro l'onere di provare la sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo.
Tuttavia, l'onere posto in capo alla parte datoriale si esaurisce nella prova circa il legittimo esercizio del potere disciplinare.
Invero, in caso di ritenuta sussistenza del fatto ma di mancanza di giusta causa o giustificato motivo soggettivo, è onere del lavoratore, che si sia visto applicare un tipo di sanzione ritenuta non appropriata e non conforme alle previsioni legali e contrattuali, allegare e provare l’esistenza dei presupposti per l'applicazione del diverso regime di tutela reintegratoria, attraverso il richiamo alla previsione di una sanzione conservativa da parte del CCNL di riferimento.

A cura di Fieldfisher