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Cassazione: spetta al datore provare la falsità dei certificati medici giustificanti l’assenza del lavoratore


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Con la sentenza n. 7830 del 29.03.2018, la Cassazione afferma che, in tema di licenziamento, grava inderogabilmente sul datore di lavoro l'onere di provare la sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo: è, pertanto, lo stesso datore che deve dimostrare la falsità dei certificati medici trasmessi dal lavoratore a giustificazione dell'assenza dal lavoro.

Il fatto affrontato

Il lavoratore propone ricorso giudiziale teso ad ottenere l'accertamento della illegittimità ed inefficacia del licenziamento disciplinare intimatogli dalla società, per aver ritenuto falsi e non autentici dei certificati medici con cui il prestatore aveva giustificato la propria assenza dal posto di lavoro.

La sentenza

La Cassazione censura la statuizione con cui la Corte di Appello ha affermato che, in sede di contraddittorio giudiziale, grava sul lavoratore l'onere di provare la veridicità dei certificati posti a fondamento dell'assenza dal lavoro.

Infatti, secondo i Giudici di legittimità, in tema di licenziamento, grava inderogabilmente sul datore di lavoro l'onere di provare la sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo, non potendo, quindi, il giudicante avvalersi del criterio empirico della vicinanza alla fonte di prova, il cui uso è consentito solo quando sia necessario dirimere un'eventuale sovrapposizione tra fatti costitutivi e fatti estintivi, impeditivi o modificativi, oppure quando, assolto l'onere probatorio dalla parte che ne sia onerata, sia l'altra a dover dimostrare, per prossimità alla suddetta fonte, fatti idonei ad inficiare la portata di quelli dimostrati dalla controparte.

Pertanto, continua la sentenza, in ossequio ai principi sulla prova della sussistenza dei fatti giustificativi del licenziamento, è onere del datore dimostrare la falsità dei certificati medici trasmessi dal lavoratore a giustificazione della propria assenza dal lavoro.

Su tali presupposti, la Suprema Corte ha accolto il ricorso proposto dal lavoratore, cassando con rinvio la sentenza impugnata, non ritenendo assolto il predetto onere probatorio da parte della società datrice.

A cura di Fieldfisher