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Cassazione: spetta al datore provare il requisito dimensionale dell’impresa


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Con l’ordinanza n. 38029 del 29.12.2022, la Cassazione afferma che, nei procedimenti di impugnativa giudiziale del licenziamento, spetta al datore provare l’insussistenza del requisito dimensionale minimo richiesto dallo Statuto dei Lavoratori per l’applicazione della tutela reintegratoria.

Il fatto affrontato

Il Tribunale accoglie l’impugnativa giudiziale del licenziamento (per mancato superamento del periodo di prova) proposta dalla lavoratrice e dispone la reintegra della stessa.
La società datrice impugna detta pronuncia, rilevando – tra le altre cose – l’erroneità della tutela riconosciuta, non avendo la ricorrente provato il requisito dimensionale dell’impresa superiore ai 15 dipendenti.

L’ordinanza

La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che in tema di riparto dell'onere probatorio, ai fini dell'applicazione della tutela reale o obbligatoria in caso di licenziamento di cui sia stata accertata l'invalidità, è onere del dipendente provare esclusivamente l'esistenza del rapporto di lavoro subordinato e l'illegittimità dell'atto espulsivo.

Diversamente, per la sentenza, le dimensioni dell'impresa, inferiori (o meno) ai limiti stabiliti dall'art. 18 St. Lav., costituiscono, insieme al giustificato motivo del licenziamento, fatti impeditivi che devono, perciò, essere provati dal datore di lavoro.

Secondo i Giudici di legittimità, l'assolvimento di un siffatto onere probatorio consente al datore di dimostrare, ex art. 1218 c.c., che l'inadempimento degli obblighi derivatigli dal contratto non è a lui imputabile e che, comunque, il diritto del lavoratore alla reintegra non sussiste, con conseguente necessità di ridurre la tutela riconosciutagli ad un mero risarcimento pecuniario.

Non avendo la società assolto questo onere nel caso di specie, la Suprema Corte rigetta il ricorso dalla medesima proposto e conferma l’illegittimità del recesso.

A cura di Fieldfisher