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Cassazione: se lavoratore rifiuta la trasformazione del rapporto in part-time legittima il recesso per g.m.o.


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Con l’ordinanza n. 1499 del 21.01.2019, la Cassazione afferma che, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la precedente richiesta del datore di trasformare il rapporto da full-time a part-time costituisce prova dell’avvenuto tentativo di repechage, che se rifiutato dal lavoratore legittima il recesso (sul medesimo argomento si veda anche: Il repechage nella giurisprudenza).

Il fatto affrontato

La lavoratrice impugna giudizialmente il licenziamento per giustificato motivo oggettivo irrogatole - poco dopo il suo rifiuto alla trasformazione del rapporto da full-time a part-time - per soppressione della posizione cui era stata abitualmente adibita.
A fondamento della predetta domanda, la medesima deduce la violazione dell’obbligo di repechage da parte della società datrice.

L’ordinanza

La Cassazione, confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, afferma, preliminarmente, che la legittimità del recesso per giustificato motivo oggettivo presuppone sia l'effettiva soppressione del posto di lavoro del dipendente licenziato che l’impossibile diversa collocazione dello stesso (c.d. repechage) in un’altra posizione lavorativa analoga a quella eliminata.

Per la sentenza, i suddetti presupposti devono essere adeguatamente provati dal datore di lavoro, il quale ha, quindi, l’onere di allegare e dimostrare l'effettiva sussistenza di una ragione inerente l'attività produttiva, l'organizzazione o il funzionamento dell'azienda che rende legittimo l'esercizio del potere di recesso, oltre che l'impossibilità di una differente utilizzazione del dipendente in mansioni diverse da quelle precedentemente svolte.

Quest’ultimo onere, secondo i Giudici di legittimità, risulta assolto anche laddove il datore proponga al dipendente la trasformazione - seppur rifiutata - del rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time.
Tale condotta dimostra, infatti, l’avvenuto e concreto tentativo dell’imprenditore di fornire un’altra occupazione al lavoratore prima di procedere al licenziamento dello stesso, previsto appunto come extrema ratio.

Su tali presupposti, la Suprema Corte respinge il ricorso della lavoratrice, confermando la legittimità del licenziamento per g.m.o. alla stessa irrogato.

A cura di Fieldfisher