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Cassazione: se il fatto posto alla base del recesso per g.m.o. è insussistente è obbligatoria la reintegra


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Con la sentenza n. 7167 del 13.03.2019, la Cassazione afferma che, in presenza della manifesta insussistenza del fatto posto alla base di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il giudice non ha alcun potere di scelta rispetto al regime di tutela da applicare e deve necessariamente disporre il rimedio della reintegra previsto dall’art. 18, quarto comma, dello Statuto dei Lavoratori.

Il fatto affrontato

La lavoratrice impugna giudizialmente il licenziamento per g.m.o. irrogatole a seguito della soppressione del reparto cui era addetta, stante l’esternalizzazione dei relativi servizi.
A fondamento della predetta domanda, la medesima deduce di essere stata collocata strumentalmente nel reparto destinato ad essere eliminato poco tempo dopo.
La Corte d’Appello - evidenziando, quindi, che tra la dedotta esternalizzazione dei servizi ed il profilo della dipendente non vi era nesso causale, proprio perché la stessa proveniva da un reparto aziendale che non era stato coinvolto dalla riorganizzazione - dichiara insussistente il fatto posto alla base del recesso e dispone la reintegra della dipendente.

La sentenza

La Cassazione, confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, afferma che il nuovo regime sanzionatorio introdotto dalla c.d. riforma Fornero in tema di recesso datoriale per giustificato motivo oggettivo prevede, come regola, il pagamento a favore del lavoratore di un'indennità risarcitoria compresa tra un minimo di dodici ed un massimo di ventiquattro mensilità, mentre riserva il ripristino del rapporto, oltre ad un risarcimento che non può superare le dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, alle ipotesi eccezionali connotate dalla manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento.

Per i Giudici di legittimità, ne consegue che l’inciso che compare nell’art. 18, comma 7, l. 300/1970, a norma del quale il giudice «può altresì applicare» il regime di tutela della reintegrazione attenuata (prevista dal comma 4 del medesimo articolo) non lascia, in realtà, alcun margine di discrezionalità al giudice stesso, posto che, se la ricostruzione dei fatti dedotta a fondamento del motivo oggettivo di licenziamento è manifestamente insussistente, l’unica sanzione applicabile consiste nella tutela reale.

Su tali presupposti, la Suprema Corte conferma in toto la bontà della pronuncia d’appello che, nel caso di specie, a fronte di un fatto manifestamente insussistente, aveva previsto la reintegra della lavoratrice illegittimamente licenziata.

A cura di Fieldfisher