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Cassazione: reintegra solo se la fattispecie concreta coincide perfettamente con quella per cui il CCNL prevede una sanzione conservativa


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Con la sentenza n. 28098 del 31.10.2019, la Cassazione afferma che - laddove la condotta inadempiente ascritta al lavoratore sia assimilabile ad un'ipotesi disciplinare per la quale il CCNL preveda una sanzione conservativa, ma non coincida perfettamente con essa - in caso di declaratoria di illegittimità del licenziamento, può trovare applicazione solo la tutela indennitaria ex art. 18, comma 5, L. 300/1970 (sul punto si veda: Licenziamento disciplinare: se il contratto collettivo prevede una sanzione diversa?).

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento per giusta causa irrogatogli per aver fruito di un permesso sindacale per fini diversi da quelli normativamente previsti.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda e reintegra il dipendente, sul presupposto che la condotta al medesimo contestata era assimilabile a quella dell'assenza arbitraria dal lavoro sino a tre giorni, punita con sanzione conservativa dal CCNL di riferimento.

La sentenza

La Cassazione afferma, preliminarmente, che – al fine di valutare la proporzionalità del licenziamento irrogato al dipendente – risulta corretta l’operazione di adattamento della condotta inadempiente contestata al lavoratore rispetto alle previsioni del contratto collettivo sulle norme disciplinari, costituendo legittima interpretazione della nozione legale di giusta causa.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, la scala valoriale utilizzata dalla contrattazione collettiva, tramite l’indicazione delle fattispecie che hanno rilievo disciplinare e la graduazione delle sanzioni ad esse riconducibili, deve essere presa quale metro di riferimento per valutare la proporzionalità del recesso irrogato al prestatore.

Tuttavia, per la sentenza, anche laddove la fattispecie concreta contestata al lavoratore sia riconducibile ad una fattispecie astratta punita dal CCNL con una sanzione conservativa, al giudicante è preclusa l’applicazione della tutela reintegratoria, che presuppone una perfetta coincidenza delle due ipotesi.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso della società, negando il diritto del dipendente alla reintegra nel proprio posto di lavoro.

A cura di Fieldfisher