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Cassazione: quando si integra la violazione del principio di immutabilità della contestazione disciplinare


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Con la sentenza n. 21558 del 21.08.2019, la Cassazione afferma che il principio di immutabilità della contestazione disciplinare – che vieta al datore di infliggere un licenziamento basato su fatti diversi da quelli contestati – non può ritenersi violato laddove, a fondamento del recesso, vengano allegate prove o circostanze confermative, sulle quali il lavoratore abbia la possibilità di controbattere.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento per giusta causa irrogatogli, deducendo che il fatto posto a base della sanzione espulsiva fosse diverso da quello contestato, dal momento che, solo nella lettera di recesso, la società aveva inserito il riferimento alla reiterazione della condotta (elemento distintivo della recidiva) e alla causazione del danno.

La sentenza

La Cassazione, confermando quanto stabilito dal Tribunale e dalla Corte d’Appello, afferma che il principio di necessaria corrispondenza tra addebito contestato ed addebito posto a fondamento della sanzione disciplinare - che vieta di infliggere un licenziamento sulla base di fatti diversi da quelli contestati - non può ritenersi violato qualora il datore di lavoro alleghi, nel corso del procedimento disciplinare, circostanze confermative o ulteriori prove, in relazione alle quali il lavoratore possa agevolmente controdedurre.

Per i Giudici di legittimità, tale principio può, invece, ritenersi violato allorquando il datore alleghi, nel corso del giudizio, circostanze nuove che, in violazione del diritto di difesa, implicano una diversa valutazione dei fatti addebitati.

Su tali presupposti, la Suprema Corte respinge il ricorso del lavoratore e conferma la legittimità del licenziamento irrogatogli, dal momento che già dalla lettera di contestazione emergeva l'espresso riferimento alla reiterazione e alle conseguenze della condotta dal medesimo posta in essere.

A cura di Fieldfisher