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Cassazione: quale conseguenza per la violazione dell’obbligo di repechage?


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Con la sentenza n. 34049 del 18.11.2022, la Cassazione afferma che l’insussistenza del fatto costitutivo del giustificato motivo oggettivo, che comporta l’applicazione della tutela reintegratoria, riguarda sia le ragioni aziendali sottese al recesso sia il mancato adempimento dell’obbligo di repechage da parte della società.

Il fatto affrontato

Il dipendente impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per la soppressione del posto di caposquadra cui il medesimo era adibito.
La Corte d’Appello, in accoglimento della predetta domanda, ritiene che – pur a fronte della reale soppressione del posto – la società non era riuscita a provare l’assolvimento dell’obbligo di repechage sulla stessa ricadente e, in conseguenza di ciò, riconosce al ricorrente un indennizzo economico.

La sentenza

La Cassazione rileva preliminarmente che il fatto che è all'origine del licenziamento per giustificato motivo oggettivo include le ragioni tecniche sottese al recesso, il nesso causale tra le scelte organizzative del datore di lavoro e il recesso stesso (inteso come extrema ratio) ed anche l'impossibilità di collocare altrove il lavoratore.

Secondo i Giudici di legittimità, sulla base del diktat recentemente espresso in materia dalla Corte Costituzionale, la mancanza di uno dei predetti elementi – che comporta l’insussistenza del fatto posto alla base del recesso – genera in capo al lavoratore illegittimamente licenziato il diritto ad essere reintegrato.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso del dipendente e statuisce la sua reintegrazione, a fronte del mancato adempimento dell’obbligo di repechage da parte del datore di lavoro.

A cura di Fieldfisher