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Cassazione: per iniziare il procedimento disciplinare l’Amministrazione può attendere l’esito della sentenza penale


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Con la sentenza n. 6989 del 21.03.2018, la Cassazione afferma che, in tema di pubblico impiego contrattualizzato, ai fini della decorrenza del termine perentorio previsto per la conclusione del procedimento disciplinare, è necessario individuare in maniera certa ed oggettiva il dies a quo dal quale iniziare il computo, che può coincidere anche con la data di emanazione di una sentenza penale avente ad oggetto condotte delittuose da parte del dipendente.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, medico ginecologo, viene licenziato senza preavviso dall’Amministrazione presso cui presta servizio, in seguito alla comunicazione della sentenza con cui il GIP lo aveva condannato per violenza sessuale aggravata, commessa nell’esercizio della professione, ai danni di una paziente.
Il sanitario ricorre giudizialmente contestando la tardività dell’avvio del procedimento disciplinare.
L’Amministrazione si costituisce, sostenendo di aver preso coscienza delle condotte delittuose del proprio dipendente soltanto al momento dell’emanazione del provvedimento del Giudice penale.

La sentenza

La Cassazione rileva, preliminarmente, come in tema di pubblico impiego contrattualizzato, ai fini della decorrenza del termine perentorio previsto per la conclusione del procedimento disciplinare dall'acquisizione della notizia dell'infrazione, assume rilievo esclusivamente il momento in cui tale acquisizione riguardi una notizia di contenuto tale da consentire all’ufficio competente di dare, in modo corretto, l'avvio al relativo procedimento disciplinare.

Ciò vale anche nell'ipotesi in cui il procedimento predetto abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti sui quali è in corso un processo penale.

I due procedimenti hanno, infatti, vita propria e possono essere svolti indipendentemente l’uno dall’altro, essendo ammessa, altresì, una distinta valutazione dei fatti, che possono portare al licenziamento del dipendente anche in assenza di una condanna penale dello stesso.

Ciò nonostante, l’Amministrazione può decidere di sospendere l’iter volto all’accertamento di un illecito disciplinare, in attesa del pronunciamento del Giudice penale sugli stessi fatti, ovvero può iniziare il proprio procedimento una volta emanata la sentenza, nel caso in cui venga a conoscenza della notizia dell’infrazione solo in quel momento.
In quest’ultima circostanza, secondo i Giudici di legittimità, l’Amministrazione coinvolta non incorrerebbe nella decadenza dall'azione disciplinare, prevista come sanzione per il mancato rispetto del termine entro il quale l'iter deve concludersi, in quanto vi sarebbe un'individuazione certa ed oggettiva del dies a quo, che giammai può essere agganciato ad una qualsiasi notizia pervenuta a qualunque ufficio anche in maniera priva di veste formale.

Su tali presupposti, la Suprema Corte, ha rigettato il ricorso proposto dal medico, avvalorando la tesi difensiva con cui l’Amministrazione ha sostenuto di essere venuta a conoscenza, solo nel momento dell’emanazione della sentenza del GIP, delle condotte poste in essere dal proprio dipendente, aventi una gravità tale (condanna penale, interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e sospensione dall'esercizio della professione medica) da imporre il recesso immediato.

A cura di Fieldfisher