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Cassazione: obbligo del datore di mostrare al lavoratore i documenti su cui si basa la contestazione disciplinare


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Con la sentenza n. 7581 del 27.03.2018, la Cassazione statuisce l’obbligo del datore di lavoro di mettere a disposizione del lavoratore i documenti sui quali si fonda la contestazione disciplinare, ogniqualvolta l’esame degli stessi sia necessario al fine di permettere al prestatore un corretto esercizio del diritto di difesa.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna il licenziamento disciplinare intimatogli dalla società in data 19.03.2012, per avere svolto attività di udienza, in qualità di praticante avvocato, in più giornate, comprese nel periodo intercorrente tra il 22.11.2010 ed il 02.03.2011, in cui risultava presente in servizio ovvero assente per malattia.
A fondamento della propria domanda deduce la violazione da parte dell’azienda della messa a disposizione dei documenti posti alla base dell’addebito, essendo gli stessi assolutamente necessari per il corretto esercizio del diritto di difesa, posto che i fatti contestati erano risalenti nel tempo e relativi a condotte sporadiche, tali da impedirgli di ricordare i singoli episodi.

La sentenza

La Cassazione, confermando quanto stabilito dal Tribunale e dalla Corte di Appello, afferma, preliminarmente, il principio secondo cui - seppure l’ art. 7 della legge 300/1970, non preveda, nell'ambito del procedimento disciplinare, un obbligo per il datore di mettere a disposizione del lavoratore, nei cui confronti sia stata elevata una contestazione disciplinare, la documentazione su cui essa si basa - parte datoriale è tenuta ad offrire in consultazione all'incolpato i documenti aziendali laddove l'esame degli stessi sia necessario al fine di permettere al prestatore un'adeguata difesa, in base ai principi di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto.

I Giudici di legittimità, su tali presupposti, non ritengono di potere aderire alla censura mossa dalla società ricorrente, con la quale la stessa vorrebbe limitare il diritto del dipendente ad accedere alla documentazione posta alla base dell’addebito ai soli casi in cui la contestazione faccia riferimento ad atti esterni o, comunque, non sia altrimenti comprensibile.
Infatti, secondo la sentenza non si tratta di una questione inerente alla compressione dell’addebito, ma di una vera e propria compromissione del diritto di difesa del lavoratore.

Pertanto, se è vero che il diritto di accesso ai documenti nella sede disciplinare non è tutelato dal citato articolo 7, altrettanto vero è che il diritto di difesa, la cui tutela è garantita dalla medesima norma, può rendere necessario l'accesso del dipendente agli atti della procedura disciplinare.

In questi casi, conclude la Suprema Corte, il rifiuto di fornire i documenti in questione al lavoratore coinvolto porta, come nel caso di specie, alla declaratoria di illegittimità del licenziamento.

A cura di Fieldfisher