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Cassazione: l’irrogazione tardiva del licenziamento comporta una violazione solo formale?


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Con la sentenza n. 10802 del 21.04.2023, la Cassazione afferma il seguente principio di diritto: “la violazione del termine per l'adozione del provvedimento conclusivo del procedimento disciplinare, stabilito dalla contrattazione collettiva (…), è idonea a integrare una violazione della procedura di cui all'art. 7 St. lav., tale da rendere operativa la tutela prevista dall'art. 18, comma 6, dello stesso Statuto, come modificato dalla legge n. 92 del 2012, purché il ritardo nella comunicazione del licenziamento non risulti, con accertamento in fatto riservato al giudice di merito, notevole e ingiustificato, tale da ledere in senso non solo formale ma anche sostanziale il principio di tempestività, per l’affidamento in tal modo creato nel lavoratore sulla mancanza di connotazioni disciplinari del fatto e per la contrarietà del ritardo datoriale agli obblighi di correttezza e buona fede”.

Il fatto affrontato

La dipendente impugna giudizialmente il licenziamento irrogatole, deducendo la tardività dello stesso, dal momento che la relativa comunicazione era giunta a destinazione in un termine superiore ai 30 giorni dalle giustificazioni rese, così come richiesto dal CCNL applicato al rapporto.
La Corte d’Appello – ritenendo ininfluente la data del primo invio della lettera di recesso, in quanto mai giunta a destinazione per errore nell’indirizzo della lavoratrice – accoglie la predetta domanda e dispone la reintegra della ricorrente.

La sentenza

La Cassazione rileva che il mancato rispetto dei termini previsti dal contratto collettivo per la comunicazione del licenziamento può integrare una violazione di natura diversa a seconda del ritardo con cui la procedura di recesso giunge al termine.

Secondo i Giudici di legittimità, laddove detto ritardo sia solo di pochi giorni, la violazione avrà natura solo formale/procedimentale.

Diversamente, continua la sentenza, la violazione sarà sostanziale a fronte di un ritardo notevole e non giustificato nell'intimazione del licenziamento, tale da ledere il principio di tempestività, in ragione dell’affidamento creato nel lavoratore sulla mancanza di connotazioni disciplinari del fatto e della contrarietà del ritardo datoriale agli obblighi di correttezza e buona fede.

 Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso della società, limitatamente alla tutela applicabile, cassando con rinvio l’impugnata pronuncia.

A cura di Fieldfisher