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Cassazione: licenziato il dipendente che non attiva la procedura antiriciclaggio


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Con l’ordinanza n. 22988 del 21.10.2020, la Cassazione afferma che la condotta del dipendente che omette le procedure prescritte in materia di antiriciclaggio integra la giusta causa di licenziamento.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento disciplinare irrogatogli per aver autorizzato l'esecuzione di una serie di operazioni sospette, riguardanti il prelievo di ingenti somme di denaro, senza attivare la procedura di segnalazione prescritta in materia di antiriciclaggio.
La Corte d’Appello respinge la predetta domanda, sul presupposto che detta condotta - lesiva di leggi, regolamenti ed ordini di servizio - aveva provocato un danno d’immagine alla società datrice ed aveva esposto la stessa anche a possibili sanzioni amministrative di elevato valore.

L’ordinanza

La Cassazione - nel confermare la statuizione della Corte d’Appello - afferma che, nel caso di specie, sussistono tutti gli elementi necessari (modalità dei versamenti e dei prelievi, frequenza ed entità delle operazioni, anomalie di comportamento dei soggetti che effettuavano le operazioni) che avrebbero dovuto indurre il lavoratore licenziato ad avere un grave sospetto di antiriciclaggio e ad attivare, dunque, la procedura prescritta in materia.

Alla luce di ciò, secondo i Giudici di legittimità, la sanzione espulsiva risulta essere proporzionata, dal momento che la violazione della normativa regolamentare interna ha finito per ledere, altresì, interessi dell’intera collettività, impedendo all’azienda datrice – nella veste di società di intermediazione finanziaria – di svolgere le attività di segnalazione delle operazioni sospette.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dal lavoratore, confermando la legittimità del recesso irrogatogli.

A cura di Fieldfisher