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Cassazione: licenziamento illegittimo se il fatto contestato rientra nella prassi tollerata dall’azienda


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Con l’ordinanza n. 1634 del 22.01.2019, la Cassazione afferma che, laddove il fatto contestato al lavoratore rientri nella prassi tollerata dall’azienda, il licenziamento disciplinare irrogato al medesimo dipendente deve ritenersi illegittimo per difetto di proporzionalità.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, dipendente di una fabbrica automobilistica, impugna giudizialmente il licenziamento disciplinare irrogatogli a seguito dell’asportazione di cinque lampadine da proiettori da installare su un’autovettura, occultate nella tasca del proprio giaccone.
A fondamento della propria domanda, il medesimo deduce che l'operazione di smontaggio dei proiettori e di prelevamento delle lampadine, seppur non oggetto di una vera e propria prassi, era comunque tollerata dall'azienda e non era avvertita, dunque, dai dipendenti come illecita.

L’ordinanza

La Cassazione, confermando la statuizione della Corte d’Appello, afferma che la consapevolezza da parte della società datrice dell'esistenza di determinate pratiche e la diffusività delle stesse in ambito aziendale comporta l’impossibilità per il datore di lavoro di comminare un licenziamento per giusta causa nei confronti del dipendente che ponga in essere tali condotte.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, in questi casi vi sarebbe una evidente mancanza di proporzionalità tra il recesso ed il comportamento contestato, già di per se sola idonea a sostenere la declaratoria di illegittimità della sanzione espulsiva, indipendentemente da qualsivoglia ulteriore considerazione utilizzata per rafforzare una autonoma ratio decidendi.

Per la sentenza, il predetto assunto è conforme al principio secondo cui l'inadempimento va valutato in senso accentuativo a tutela del lavoratore rispetto alla regola generale della "non scarsa importanza" di cui all'art. 1455 c.c., cui consegue, quale corollario, che l'irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solamente in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali ovvero addirittura tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto.

Su tali presupposti, la Suprema Corte respinge il ricorso proposto dalla società, confermando l’illegittimità del licenziamento per giusta causa irrogato al proprio dipendente.

A cura di Fieldfisher