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Cassazione: legittimo il licenziamento irrogato al lavoratore che fa uso di droghe leggere


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Con la sentenza n. 9126 del 12.04.2018, la Cassazione afferma la legittimità di un licenziamento per giusta causa irrogato ad un autista di linea, a seguito di una sentenza penale di patteggiamento per detenzione ed uso di sostanze stupefacenti. 

Il fatto affrontato

Il lavoratore, avente mansioni di autista di linea, a seguito di una sentenza di patteggiamento in sede penale per la coltivazione di piantine e la detenzione di sostanze stupefacenti, viene licenziato per giusta causa dalla società, stante anche la particolare attività prestata dal medesimo, richiedente particolare attenzione e lucidità.

La sentenza

La Cassazione, confermando quanto stabilito dalla Corte di Appello, ribadisce, preliminarmente, che la valenza probatoria nel giudizio disciplinare della sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. costituisce un indiscutibile elemento di prova per il giudice di merito, dal momento che il patteggiamento, pur non potendosi configurare come una condanna, presuppone pur sempre una ammissione di colpevolezza.

I Giudici di legittimità, quindi, ritengono di poter aderire alla posizione assunta dalla sentenza di merito nella parte in cui la stessa sostiene che la detenzione da parte del dipendente della cannabis (così come provata nel processo penale) deve essere valutata non come fatto che ha di per sé rilevanza sul piano del rapporto di lavoro, ma come sintomo di condotte destinate ad interferire più o meno direttamente con lo svolgimento della prestazione.

Tale assunto trova una conferma ancor più forte, laddove, come nel caso di specie, l’attività lavorativa sia caratterizzata da mansioni richiedenti particolare attenzione e perfetta lucidità.

Dunque, conclude la sentenza, la detenzione ed, in particolare, l’utilizzo di droghe (seppur leggere) che da solo preclude la possibilità di guidare veicoli su strada, comporta l’impossibilità di prosecuzione del rapporto di lavoro alle dipendenze dell’azienda di trasporti che, procedendo diversamente avrebbe potuto essere chiamata a rispondere, ai sensi dell'art. 2049 c.c. ("Responsabilità dei padroni e dei committenti"), delle condotte di guida del proprio dipendente.

Su tali presupposti, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dall’autista, confermando la legittimità del licenziamento per giusta causa irrogatogli dalla società.

A cura di Fieldfisher