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Cassazione: legittimo il licenziamento irrogato al dipendente che, in più occasioni, si assenta dal lavoro per pochi minuti


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Con l’ordinanza n. 6174 del 01.03.2019, la Cassazione afferma che la condotta del dipendente, consistente nell’assentarsi ripetutamente dal posto di lavoro, seppur per brevissimi periodi di tempo, senza timbrare il cartellino, integra una giusta causa di licenziamento.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento per giusta causa irrogatogli per essersi ripetutamente allontanato dal luogo di lavoro durante l'orario di servizio, senza peraltro timbrare il badge in uscita.
A fondamento della propria domanda, il medesimo deduce, da un lato, la brevità delle assenze e, dall’altro, illegittimità dei controlli a distanza, posti in essere dalla società datrice, al fine di contestargli il suddetto illecito disciplinare.

L’ordinanza

La Cassazione, confermando la statuizione della Corte di Appello, afferma che il comportamento tenuto da un dipendente, consistente nell’allontanarsi ripetutamente dal proprio posto di lavoro durante l’orario di servizio senza timbrare il badge, risulta idoneo ad integrare una giusta causa di recesso.
Ciò alla luce sia dell'elemento intenzionale legato all'inadempimento dell'attività lavorativa, che della sistematicità della condotta e del carattere fraudolento della stessa, in quanto volta ad indurre il datore in errore circa l'effettiva presenza del prestatore sul luogo di lavoro.
Sul punto, secondo la sentenza, non può peraltro ritenersi dirimente la circostanza, addotta dal lavoratore, che la durata delle assenze fosse piuttosto breve - essendo compresa tra un minimo di 10 minuti e un massimo di un’ora - e che lo stesso fosse solito recarsi al lavoro in anticipo rispetto ai colleghi, non valendo tale circostanza quale esimente per il rispetto dell'orario di lavoro.

Secondo i Giudici di legittimità, priva di pregio appare, altresì, la doglianza mossa dal ricorrente circa l’illiceità dei controlli a distanza effettuati dalla società.
I controlli del datore di lavoro, anche a mezzo di agenzia investigativa, sono legittimi, infatti, ogniqualvolta siano finalizzati a verificare comportamenti del lavoratore che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti od integrare attività fraudolente, fonti di danno per il datore medesimo, non potendo, invece, avere ad oggetto l'adempimento/inadempimento della prestazione lavorativa, in ragione del divieto di cui agli artt. 2 e 3 della l. 300/1970.
Ipotesi questa totalmente esclusa nel caso di specie, ove il controllo - effettuato in luoghi pubblici e come tale non lesivo della privacy del dipendente - non era diretto a verificare le modalità di adempimento della prestazione lavorativa bensì la condotta fraudolenta di assenza del prestatore dal luogo di lavoro.

Su tali presupposti, la Suprema Corte respinge il ricorso proposto dal lavoratore, confermando la legittimità del licenziamento per giusta causa al medesimo irrogato.

A cura di Fieldfisher