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Cassazione: legittimo il licenziamento del dipendente che lede la privacy dei colleghi registrando di nascosto le loro conversazioni


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Con l’ordinanza n. 11999 del 16.05.2018, la Cassazione afferma la legittimità del licenziamento irrogato al lavoratore che lede la privacy dei superiori e dei colleghi registrando in modo occulto le loro conversazioni, per tentare di dimostrare di essere stato mobbizzato, senza, però, riuscirci (per un diverso orientamento giurisprudenziale in un caso analogo si veda: Cassazione: legittimo registrare le conversazioni con i colleghi a loro insaputa se ciò serve al lavoratore per difendersi dagli addebiti del datore).

Il fatto affrontato

Il lavoratore viene licenziato dalla società a causa della grave ed intenzionale violazione dei principi di buona fede e correttezza, per aver occultamente registrato una riunione aziendale ed una conversazione telefonica tra il suo superiore gerarchico ed un collega, con successivo utilizzo delle riproduzioni al fine di sporgere querela per mobbing.

L’ordinanza

La Cassazione, confermando la statuizione del Tribunale e della Corte di Appello, afferma la legittimità del recesso irrogato al dipendente, incapace di dimostrare le condotte mobbizzanti poste in essere dalla società.

Tale circostanza, secondo i Giudici di legittimità, rappresenta, però, solo un’aggravante della condotta tenuta dal prestatore.
Infatti, ciò che giustifica la sanzione espulsiva è il comportamento intenzionale tenuto dal medesimo, nel sostanziale disinteresse al rispetto dei doveri di riservatezza connessi all'obbligo di fedeltà e dei principi generali di correttezza e buona fede, con una grave violazione del diritto di riservatezza dei colleghi.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dal lavoratore, legittimando il licenziamento irrogatogli dall’azienda.

A cura di Fieldfisher