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Cassazione: la quantificazione dell’indennità risarcitoria in caso di reintegra


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Con la sentenza n. 22929 del 13.09.2019, la Cassazione afferma che, nell’ipotesi in cui l’intervallo non lavorato tra la data del licenziamento dichiarato illegittimo e quella della sentenza di reintegra ecceda un anno, il limite delle dodici mensilità - di cui all’art. 18, comma 4, L. 300/1970 - opera non solo in funzione contenitiva, per impedire una liquidazione superiore, ma anche quale parametro dal quale il giudice non può discostarsi per la quantificazione dell’indennità.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per superamento del periodo di comporto.
La Corte d’Appello - osservando come non potessero rientrare, nel computo del relativo periodo, alcuni giorni di assenza, in quanto riconducibili ad una malattia di origine professionale - accoglie la predetta domanda e condanna la società datrice a reintegrare il dipendente e a riconoscergli un’indennità risarcitoria di dodici mensilità.
L’azienda ricorre, dunque, per cassazione, sostenendo – tra le altre cose – che il limite delle dodici mensilità, di cui all’art. 18, comma 4, L. 330/1970, costituisce unicamente il tetto massimo, lasciando al giudice la facoltà di definire la misura del risarcimento in modo discrezionale e, quindi, anche con una liquidazione di valore minore.

La sentenza

La Cassazione, confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, afferma che l’indennizzo risarcitorio massimo di dodici mensilità della retribuzione globale di fatto, che - in base all’art. 18, comma 4, L. 300/1970 - si accompagna alla reintegra del dipendente nel caso in cui l’intervallo non lavorato sia pari o superiore a un anno, è una misura rispetto alla quale il giudice non può intervenire con una liquidazione discrezionale.

Secondo i Giudici di legittimità, la norma - che tra l’altro non prevede una forbice tra un minimo ed un massimo - opera esclusivamente a tutela del datore di lavoro, nel caso in cui la durata del periodo intercorrente tra il licenziamento e la data dell'ordine giudiziale di reintegra sia essere superiore all'anno.

Per la sentenza, il fatto che la misura dell'indennità non sia superiore a dodici mensilità ha il suo, necessario e unico, termine di confronto nella eventuale maggiore estensione del periodo considerato, svolgendo una funzione contenitiva di effetti economici destinati ad incidere anche in misura molto rilevante sul debitore.
Al giudice, dunque, non residua alcuna valutazione discrezionale, dovendo riconoscere il tetto massimo delle dodici mensilità per il solo decorso del lasso temporale di 1 anno dall’intimazione del provvedimento espulsivo.

Su tali presupposti, la Suprema Corte respinge il ricorso dell’azienda, confermando la correttezza dell’impugnata pronuncia di merito in ordine alla liquidazione della citata indennità.

A cura di Fieldfisher