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Cassazione: la P.A. può irrogare il licenziamento per giusta causa anche a rapporto di lavoro cessato


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Con la sentenza n. 6500 del 09.03.2021, la Cassazione afferma che il licenziamento disciplinare irrogato dalla P.A. successivamente alla cessazione del rapporto (per qualunque causa avvenuta), non ha effetto retroattivo, ma è efficace per regolare le vicende economiche del rapporto stesso.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, dopo essere stato dispensato per inidoneità al servizio dalla ASL datrice, in data 21.10.2014, viene successivamente licenziato per giusta causa, in data 09.12.2014, in ragione della condanna penale subita per fatti corruttivi.
A fronte della precedenza cronologica della dispensa rispetto al recesso, il medesimo propone ricorso per decreto ingiuntivo al fine di ottenere l'indennità di preavviso.
La Corte d’Appello – adita in sede di opposizione al decreto ingiuntivo – revoca il decreto e riconosce al lavoratore, a titolo di preavviso, il solo importo pari al periodo intercorrente tra la dispensa dal servizio per sopravvenuta inidoneità al lavoro e l'atto di licenziamento per giusta causa.

La sentenza

La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - afferma che la P.A., allorquando ricorrono i presupposti per il licenziamento disciplinare, può irrogare la sanzione anche se il rapporto di lavoro è precedentemente cessato per altre cause.
Ciò in ragione dell'interesse pubblico a definire comunque il procedimento disciplinare per le ragioni di tutela dell'immagine della P.A., per gli effetti rispetto a future partecipazioni a concorsi o per l'ottenimento di incarichi ed anche per una regolazione di rapporti economici riguardanti risorse pubbliche.

Secondo i Giudici di legittimità, tuttavia, l'irrogazione del licenziamento disciplinare a rapporto di lavoro cessato non è in sé motivo di inefficacia della precedente causa estintiva, dal momento che al recesso non può essere riconosciuta natura retroattiva.

Per la sentenza, il licenziamento disciplinare sopravvenuto è, quindi, efficace al solo fine di regolare le vicende economiche (periodi di sospensione cautelare, preavviso, ecc.) rispetto alle quali può assumere persistente rilevanza.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso del lavoratore, confermando la non debenza del preavviso a fronte dell’intervenuto recesso per giusta causa.

A cura di Fieldfisher