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Cassazione: la mancata contestazione dell’illecito posto a fondamento del licenziamento dà diritto alla reintegra


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Con la sentenza n. 4879 del 24.02.2020, la Cassazione afferma che, qualora le condotte poste alla base del licenziamento disciplinare non siano state precedentemente contestate seguendo l’iter previsto dall’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori ( L. 300/1970 ), si integra la fattispecie dell’«insussistenza del fatto contestato», cui è ricollegata la reintegra.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per aver pronunciato, dopo che gli erano state negate le ferie per il mese di agosto, una frase ritenuta minatoria dalla società datrice.
A fondamento della predetta domanda, il medesimo deduce la violazione del principio di immutabilità della contestazione disciplinare, dal momento che la lettera di licenziamento conteneva il richiamo a circostanze fattuali mai addebitategli in precedenza.

La sentenza

La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - afferma, preliminarmente, che l’addebito posto alla base del recesso disciplinare deve essere individuato in modo preciso e circostanziato già nella lettera di contestazione che apre il relativo procedimento.

Secondo i Giudici di legittimità, qualora la società fondi il licenziamento su condotte che non erano state precedentemente addebitate al lavoratore, si integra il radicale difetto di contestazione dell’infrazione che determina l’inesistenza dell’intero procedimento disciplinare.

Per la sentenza, in tali circostanze non si ricade, pertanto, nell’ipotesi del vizio di forma - per non essere stato correttamente adempiuto il procedimento disciplinare previsto dall’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori - a cui è ricollegato il solo rimedio indennitario, ma nella diversa e più grave fattispecie del fatto insussistente, a cui l’art. 18, comma 4, della L. 300/1970 - ratione temporis applicabile - riconnette la reintegrazione.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla società, confermando l’illegittimità del recesso dalla stessa irrogato ed, il conseguente, diritto del dipendente ad essere reintegrato nel proprio posto di lavoro.

A cura di Fieldfisher