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Cassazione: la forma scritta del licenziamento non può essere provata per testi


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Con l’ordinanza n. 26532 del 08.09.2022, la Cassazione afferma che il potere attribuito al giudice del lavoro di ammettere d'ufficio ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, non può riguardare anche il requisito di forma scritta previsto ad substantiam per la lettera di licenziamento.

Il fatto affrontato

La lavoratrice impugna giudizialmente il licenziamento intimatole in occasione di una riunione tenutasi nei locali aziendali alla presenza dell’amministratore delegato e di due dipendenti, ma senza la consegna di alcuna comunicazione scritta.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, non avendo la società assolto l’onere di provare di aver adempiuto con la forma scritta richiesta ad substantiam e non essendo ammissibile la prova testimoniale sul punto.

L’ordinanza

La Cassazione – confermando la pronuncia di secondo grado – rileva, preliminarmente, che non è consentita la prova testimoniale di un contratto o di un atto unilaterale di cui la legge preveda la forma scritta a pena di nullità.

Per la sentenza, fa eccezione a detta regola generale solo l’ipotesi prevista dall’art. 2724 n. 3 c.c., riguardante il caso in cui il documento sia andato perduto senza colpa.

Secondo i Giudici di legittimità, questo comporta, dunque, un divieto di testimonianza che - attenendo a norma di ordine pubblico - ne importa inammissibilità rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso della società, confermando l’annullamento del licenziamento dalla stessa irrogato.

A cura di Fieldfisher