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Cassazione: in assenza di colpa del datore, il risarcimento per licenziamento ingiustificato va riconosciuto nella misura minima


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Con la sentenza n. 30677 del 27.11.2018, la Cassazione afferma che il risarcimento del danno spettante al lavoratore in caso di licenziamento ingiustificato, mediante corresponsione di una indennità commisurata alla retribuzione non percepita, costituisce una presunzione di lucro cessante che ammette la prova contraria, rappresentata dalla non imputabilità dell’inadempimento al datore.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, dipendente di una compagnia di assicurazioni, impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per inidoneità sopravvenuta a rendere la prestazione a causa di una grave patologia.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, dichiarando l'illegittimità del recesso e condannando la società a reintegrare il prestatore e a riconoscere allo stesso un risarcimento del danno pari alle retribuzioni maturate dal licenziamento all'effettiva reintegra.
La società ricorre, quindi, in cassazione per diversi motivi, lamentando, tra l'altro, una erronea determinazione del danno oltre la misura minima delle cinque mensilità ed il fatto che il datore non aveva avuto alcuna colpa nell'intimazione del recesso, essendosi basato su una documentazione medica utilizzata dallo stesso lavoratore e mai contestata.

La sentenza

La Cassazione afferma che l'indennità per licenziamento ingiustificato prevista dall'art. 18 della l. 300/1970 - nella versione ante riforma Fornero ratione temporis applicabile - costituisce una presunzione di lucro cessante superabile qualora l'inadempimento, ossia il recesso dal contratto di lavoro, non sia direttamente imputabile al datore di lavoro.

Secondo i Giudici di legittimità, la presunzione di legge contenuta nella predetta norma non comporta automaticamente una forma di responsabilità oggettiva, eccezion fatta per la misura minima di cinque mensilità, prevista dalla legge, che costituisce una sorta di penale avente la sua radice nel rischio di impresa.

Per la sentenza, la sussistenza della responsabilità risarcitoria deve trovare la propria regolamentazione nei principi generali del codice civile in tema di risarcimento del danno per inadempimento, con la conseguente applicabilità dell'art. 1218 c.c., secondo cui il debitore non è tenuto al risarcimento del danno, nel caso in cui fornisca la prova che l'inadempimento deriva da impossibilità della prestazione a lui non imputabile.

Conseguentemente, il datore, laddove riesca a provare la mancanza di colpa nell’irrogazione del licenziamento, deve essere condannato alla corresponsione del risarcimento del danno nella misura minima.

A cura di Fieldfisher