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Cassazione: illegittima la riduzione unilaterale dell’orario di lavoro del dipendente reintegrato


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Con la sentenza n. 15676 del 05.06.2023, la Cassazione afferma il seguente principio di diritto “costituisce inadempimento all'ordine di reintegrazione nel posto di lavoro, cui il lavoratore può opporre eccezione di inadempimento ai sensi dell'art. 1460 c.c., la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale disposta unilateralmente dal datore di lavoro, senza accordo del lavoratore e senza pattuizione in forma scritta”.

Il fatto affrontato

A seguito della declaratoria giudiziale di illegittimità del licenziamento irrogato al dipendente per sopravvenuta inidoneità allo svolgimento delle mansioni, la Società reintegra il medesimo in posto diverso da quello precedentemente occupato e con riduzione dell’orario da full-time a part-time.
Stante il rifiuto del lavoratore di riprendere servizio nella nuova posizione, l’azienda procede ad un secondo recesso per assenza ingiustificata.
All’esito dell’impugnativa giudiziale di quest’ultima sanzione espulsiva, la Corte d’Appello accoglie il ricorso del prestatore, ritenendo illegittima la trasformazione unilaterale del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.

La sentenza

La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che l’ottemperanza del datore all'ordine giudiziale di reintegra implica il reinserimento del dipendente nel luogo di precedente adibizione e con le mansioni originarie.

Per la sentenza, ciò significa che – in assenza di accordo delle parti risultante da atto scritto – all’esito della reintegra, è vietata anche la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.

Secondo i Giudici di legittimità, quindi, la trasformazione unilaterale dell’orario di lavoro del dipendente reintegrato giustifica la mancata ottemperanza a tale provvedimento da parte del medesimo, sia in attuazione di un'eccezione di inadempimento ai sensi dell'art. 1460 c.c., sia sulla base del rilievo che gli atti nulli non producono effetti.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso della società e conferma l’illegittimità dell’impugnato licenziamento.

A cura di Fieldfisher