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Cassazione: falsa attestazione in servizio provabile anche con i filmati del processo penale


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Con la sentenza n. 3135 del 02.02.2023, la Cassazione afferma che è legittimo il licenziamento del dipendente resosi responsabile della falsa attestazione della presenza in servizio per sé e per i colleghi, emergendo la gravità della condotta dalla natura fraudolenta della condotta che denota una sistematica elusione delle regole comportamentali naturalmente caratterizzanti il rapporto di pubblico impiego.

Il fatto affrontato

La lavoratrice impugna giudizialmente il licenziamento irrogatole quale conseguenza del procedimento penale nella quale la stessa risultava indagata per venti capi di imputazione relativi ad ipotesi delittuose riconducibili alla falsa attestazione della presenza in ufficio.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, ritenendo raggiunta la prova degli illeciti anche attraverso le videoriprese effettuate dalla polizia giudiziaria su autorizzazione del Pubblico Ministero.

La sentenza

La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che la falsa attestazione della presenza in servizio costituisce una condotta fraudolenta che risulta foriera di un danno per l’ente locale e che, come tale, giustifica il recesso datoriale.

Per la sentenza, il giudice civile può ritenere provata una siffatta condotta anche avvalendosi delle immagini girate dalla polizia giudiziaria, su autorizzazione del Pubblico Ministero, nell’ambito dell’inchiesta penale.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, il materiale video, qualora valutato nel contraddittorio delle parti, è una prova atipica autonomamente valutabile dal giudice e da cui lo stesso può trarne elementi di convincimento.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso della dipendente, confermando la legittimità del licenziamento irrogatole.

A cura di Fieldfisher