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Cassazione: condizioni di legittimità del licenziamento per scarso rendimento


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Con l’ordinanza n. 9453 del 06.04.2023, la Cassazione afferma che il licenziamento per scarso rendimento costituisce un'ipotesi di recesso del datore di lavoro per notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore, che, a sua volta, si pone come specie della risoluzione per inadempimento di cui agli artt. 1453 ss. c.c.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per scarso rendimento.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, ritenendo sussumibile il recesso nell’ipotesi di “notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro”, che per il CCNL di riferimento integra il giustificato motivo soggettivo.

L’ordinanza

La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che il licenziamento per scarso rendimento del lavoratore rientra nel campo dei recessi per giustificato motivo soggettivo.

Secondo i Giudici di legittimità, in tali ipotesi, il datore di lavoro - cui spetta l'onere della prova - non può limitarsi a provare solo il mancato raggiungimento del risultato atteso o l'oggettiva sua esigibilità, ma deve anche provare che la causa di esso derivi da colpevole negligente inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore nell'espletamento della sua normale prestazione.

Al fine di dare la prova di ciò – continua la sentenza – il datore ben può porre in comparazione i dati relativi all'attività del lavoratore e quelli relativi all'analoga attività di suoi colleghi in simile posizione.

Su tali presupposti, la Suprema Corte - non rinvenendo elementi obiettivi tali da giustificare la riduzione dell'attività del lavoratore - rigetta il ricorso dal medesimo proposto.

A cura di Fieldfisher